“ARGIMUSCO UN PARADIGMA? PATRIMONIO IMMATERIALE E DIGITALIZZAZIONE DEL SACRO” – Prima Parte

2023-12-26T10:48:10+00:00 26/12/2023|Uncategorized|0 Comments

“ARGIMUSCO UN PARADIGMA?

PATRIMONIO IMMATERIALE E DIGITALIZZAZIONE DEL SACRO”

Montalbano Elicona, 29 aprile 2023

BRUNO SALVATORE AURELIO

(Avvocato Cassazionista, Esperto legale presso Ministero della Cultura e

presso l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente)

“DALL’ASSENZA DI REGOLAZIONE ALLA PROPOSTA DI RIFORME LEGISLATIVE PER LA FRUIZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE”

Trascrizione integrale dell’intervento

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Buongiorno alle signore e ai signori intervenuti all’odierno incontro di oggi. Saluto le insigni relatrici e i relatori presenti a distanza e in presenza.

Ringrazio la Presidente dell’ETS Arnau de Vilanova, prof.ssa Graziella Milazzo, e l’Amministrazione Comunale di Montalbano, qui rappresentata dal Sig. Sindaco, per avere organizzato e ospitato l’incontro di oggi in questa prestigiosa sede.

Ringrazio, infine, il Ministero della Cultura e, per esso, la Direzione Generale Educazione e Ricerca, per avere finanziato e sostenuto, dopo la conferenza dello scorso anno “Medicina e simboli in tempo di pandemia: il caso dei simboli medico astrologici di Argimusco”, questa ulteriore mirabile iniziativa culturale.

Ultimo ringraziamento va ancora alla Prof.ssa Milazzo per avermi invitato, immeritatamente ed ancora una volta, a relazionare su tali ambiziosi e suggestivi temi di ricerca, non solo giuridica.

Una precisazione mi tocca fare in premessa: quanto qui esposto è frutto di riflessioni ed opinioni personali e in nessun modo intende rappresentare le posizioni degli enti pubblici per i quali il sottoscritto è in forza quale avvocato.

Prima di iniziare a sondare il tema che ci è stato proposto vorrei ricordare che in questo castello medievale (rectius, palazzo reale) venne ospitato per anni il grande alchimista, medico e teologo catalano, Arnaldo da Villanova, che tanto ha contribuito alla conoscenza e diffusione dei simboli, ovvero dei segni culturali immateriali, in uso all’epoca.

Lo rammento a giusto proposito, perché oggi tenteremo di approfondire il tema “Dall’assenza di regolazione alla proposta di riforme legislative per la fruizione del patrimonio culturale immateriale”.

Al fine di perimetrare la nozione di “patrimonio culturale immateriale” bisogna citare innanzitutto la Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003, alla quale è stata data ratifica ed esecuzione in Italia con L. 167/2007. Il rilievo di tale Convenzione deriva sia dalla circostanza che – in quanto trattato internazionale – essa produce obblighi che vincolano la legislazione statale e regionale ex art. 117, comma 1, Cost.; sia dal frequente richiamo operato dalla normativa e dagli atti amministrativi di settore.

La Convenzione Unesco del 2003 ha istituito la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, definito (art. 2) come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana.”

La Convenzione del 2003 individua cinque settori (domains) nei quali si manifesta il Patrimonio Culturale Immateriale, ovvero: a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale; b) le arti dello spettacolo; c) le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi; d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo; e) l’artigianato tradizionale.

La Convenzione prevede dei meccanismi per la cooperazione internazionale mirata alla tutela del patrimonio culturale immateriale che sono espressi:

  • nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, all’articolo 16
  • nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale che Necessita di Urgente Tutela, all’articolo 17, e
  • nel Registro delle buone pratiche di salvaguardia.

Un significativo collegamento alla dimensione immateriale dei beni culturali, specie in relazione alla proiezione territoriale e identitaria delle comunità e delle generazioni future, è presente anche nella Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (cultural heritage), fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (c.d. Convenzione di Faro), ratificata ed eseguita in Italia con L. 133/2020.

Serve, in ultimo, ricordare che al Consiglio d’Europa del 1987, con la Dichiarazione di Santiago de Compostela, è nato il programma della rete degli Itinerari Culturali, rete molto adatta alla valorizzazione di beni culturali immateriali.

La certificazione “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” è una garanzia di eccellenza. Le reti realizzano attività e progetti innovativi nel quadro di cinque settori d’azione prioritari: cooperazione in materia di ricerca e sviluppo; valorizzazione della memoria, della storia e del patrimonio europeo; scambi culturali e educativi per i giovani europei; pratiche artistiche e culturali contemporanee; turismo culturale e sviluppo culturale sostenibile. Tramite questo programma, il Consiglio d’Europa offre un modello di gestione culturale e turistica transnazionale e favorisce sinergie tra autorità nazionali, regionali e locali e un’ampia gamma di associazioni e attori socioeconomici.

Tutto ciò detto in premessa, per dare qualche esempio di patrimonio immateriale, uno spesso citato è quello dell’Iliade e dell’Odissea originariamente non trascritte da Omero ma oggetto di tradizione orale.

Un altro, pertinente al tema odierno, e su cui ritorneremo tra breve, è quello della cosmogonia dei Dogon, una tribù africana che, a dispetto delle condizioni di vita primitive, aveva una conoscenza astronomica perfetta delle tre stelle di Sirio ancor prima che le stesse venissero scoperte.

Un esempio di patrimonio sia materiale che immateriale potrebbero essere le Rime del Petrarca: attorno ad esse si potrebbero inverare ben quattro beni, uno immateriale (le rime orali), uno materiale (i manoscritti), un’attività culturale (ad es., una mostra), e uno evento di spettacolo (una recita teatrale).

Un perfetto esempio di bene materiale e della diversa valenza dello stesso rispetto ai tempi e ai mutanti gusti e apprezzamenti dei committenti potrebbe essere quello della Cappella Sistina.

Pochi sanno che sotto il Giudizio Universale del Michelangelo stavano affreschi del Perugino.  Essi furono ricoperti da quelli del Michelangelo. Oggi tale devastazione sarebbe costata la galera certamente al Michelangelo e, forse più difficilmente, anche al committente (al secolo Giulio II della Rovere).

Come si vede il valore ricognitivo utile alla individuazione del parametro legislativo per la configurazione del concetto di danneggiamento a bene culturale o artistico è cangiante col tempo. Ma non solo col tempo. Ancora oggi, a seconda della cultura religiosa, potrebbe essere cosa buona e edificante distruggere gli importantissimi resti romani di Palmira in Siria, piuttosto che bombardare e distruggere le grandi statue dei Buddha a Bamiyan in Afghanistan.

Ci si può a questo punto chiedere cosa ne sarà dell’immenso patrimonio artistico ecclesiastico italiano tra 50 anni causa l’incessante migrazione di popoli di etnia araba e cultura religiosa islamica, poco o affatto proclivi alla tolleranza verso gli altri culti a casa propria ovvero al principio di reciprocità, ossessivamente praticato in occidente, ma ignorato nei paesi islamici.

San Pietro piuttosto che la Basilica di San Marco saranno ancora dedicati al culto cristiano o piuttosto saranno trasformate in moschee, per come già fatto in passato, per esempio nella Sicilia o Spagna medievale?

Al di là degli esempi e delle provocazioni, utili al pensiero critico verso il pensiero unico, resta il fatto che il valore ricognitivo del patrimonio immateriale potrebbe determinare a cascata il riconoscimento dello stesso bene materiale, qui tangi potest. Quasi che la primazia del secondo, pur rivendicata da sempre, nelle nuove sfide antropologiche, prima che culturali, possa essere contraddetta da una prevalenza del riconoscimento, promozione, valorizzazione e tutela del bene immateriale, ovvero del rito, del segno, della parola, in altre parole, del simbolo.

Il reciproco riconoscimento e apprezzamento dei valori immateriali oggi diventa la nuova sfida in un mondo oppresso dal pensiero unico prima e dalla cancel culture ora.

Per vestali e corifei di tali nuove mode pseudo-culturali è, invero, giustificabile e, quasi doveroso, abbattere una statua del Cristo, piuttosto che di un personaggio storico, allo stesso modo che imbrattare un quadro del Botticelli per protestare avverso un supposto cambiamento climatico.

Per chiudere l’argomento e proseguire con un breve scandaglio giuridico della tematica, lascio la domanda in sospeso: “I reciproci riconoscimenti e obblighi di protezione dei valori culturali immateriali potrebbero costituire una prima barriera protettiva avverso i nuovi barbari?”.

Il patrimonio immateriale non è in atto tutelato dalla legislazione di settore nazionale (Codice dei Beni Culturali – D.Lgs 42/04). L’unico riferimento è quello dato dall’art. 7-bis del Codice dei Beni Culturali che prevede che “Le espressioni di identità culturale collettiva contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3 novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005, sono assoggettabili alle disposizioni del presente codice qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l’applicabilità dell’articolo 10.” Ovvero, nella legislazione nazionale il bene immateriale potrebbe essere tutelato solo in quanto supportato (rectius) rappresentato da testimonianze materiali conformi alle prescrizioni codicistiche per l’individuazione dei beni culturali materiali.

Come noto, l’art. 117, 4 comma, della Costituzione assegna alle Regioni potestà legislativa, già peraltro esclusiva per la Regione Siciliana in forza dello Statuto Speciale, di tipo residuale su tutte le materie non specificamente regolate dalla normativa nazionale.

Secondo la dottrina (Cammelli, Barbati, Casini, Piperata, Sciullo, e, ultimo, chi vi parla) in tal caso sussisterebbe un possibile spazio per la legislazione regionale in materia di beni culturali immateriali. Il legislatore regionale siciliano si potrebbe, dunque, attivare per meglio tutelare e valorizzare i beni inseriti sull’elenco del Registro Eredità Immateriali della Regione Siciliana, quale è l’Argimusco oggetto di questo convegno.

Ricordo in proposito che, anche in tema di fruizione, la normativa nazionale già assegna specifica competenza regolatoria alle regioni ai sensi dell’art. 102 comma 2 del D.Lgs 42/04. Anche qui, dato che il sito di Argimusco non appartiene allo Stato né è un luogo della cultura ufficiale, il legislatore regionale potrebbe svolgere un ruolo importante nell’ottica della migliore fruizione del sito. Nello stesso senso potrebbero essere fatti anche accordi di cooperazione tra Regione e Comuni ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D.Lgs 42/04, oltre che prevedere forme di attivazione delle iniziative private per la valorizzazione e fruizione dei detti beni, ai sensi del combinato disposto dell’art.118, 4 comma della Costituzione e delle previsioni sul partenariato sociale e sul terzo settore di cui al Codice Contratti Pubblici e al D.Lgs 117/17.

Preciso, però, per concretezza, che, vista la recente giurisprudenza costituzionale nei conflitti di attribuzione Stato Regioni in materia di beni culturali servirebbe, piuttosto che una legge regionale, una legge statale con cui si suggelli il vuoto normativo in atto esistente in tema di beni culturali immateriali.

Come noto, il diritto teme, anzi, tiene in orrore il vuoto (horror vacui). Lo diciamo non tanto per sofisma giuridico, ma per evitare che nell’anarchia normativa interessi sregolati o, peggio, non degni di tutela, possano approfittare del vuoto normativo.

Auspico che il legislatore assegni, dunque, al Ministero della cultura il compito della promozione della valorizzazione e della salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, quale insieme di beni intangibili espressione dell’identità culturale collettiva del Paese.

Occorre, dunque, con urgenza novellare l’art. 52 del D.LGS. 300/1999, modificando, innanzitutto, le complessive attribuzioni del Ministero della Cultura, venendo ora a riferirle non solo ai beni culturali materiali ma anche a quelli immateriali. A tal fine occorre anche riformare l’art. 53 del D.LGS. 300/1999, relativo alle aree funzionali del Ministero ed inserire entro queste ultime lo svolgimento delle funzioni di spettanza statale in materia di tutela, gestione e valorizzazione, anche in chiave economica, del patrimonio culturale, materiale e immateriale, espungendo, inoltre, dal novero dei beni tutelati dal Ministero della cultura la categoria dei beni ambientali.

Sta diventando esiziale, infatti, il contrasto tra le attività svolte in linea amministrativa dall’ Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale, che opera sotto la Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali demoetnoantropologici, materiali e immateriali, le previsioni della Convenzione UNESCO 2003 e la Convenzione di Faro 2005, rispetto all’assenza di una previsione normativa che regoli o almeno riconosca il settore,

Andando più in specifico al tema propostomi nella presente conferenza “Argimusco un paradigma – Patrimonio immateriale e digitalizzazione del sacro”, come saprete, il sito di statue litiche di Argimusco è stato di recente iscritto nel Registro Eredità Immateriali della Regione Siciliana, nella sezione “Luoghi del Sacro” “per le particolarità intrinseche legate al paesaggio naturale e antropico: complesso unico, caratterizzato da numerose rocce arenarie, dalle suggestive forme zoomorfe e antropomorfe.”

Il sito era già da considerarsi bene culturale di “notevole interesse paesaggistico”, in quanto già tutelato dal Piano Paesaggistico dell’Ambito 9 Messina quale “Paesaggio naturale/seminaturale dello sperone calcareo di Rocca di Novara e delle Rocche dell’Argimusco (SIC ITA030005, SIC ITA030006, art.134, lett.a; vincolo paesaggistico, art.134, lett.c) del Codice.”

Ora, in ragione dei riti e degli altri segni del sacro ivi tenuti, è da considerarsi ufficialmente anche quale “Luogo del sacro”. Non trattasi, pare di capire, dunque, dalla pianificazione paesaggistica ufficiale, di semplici megaliti naturali erosi dagli elementi, come qualcuno asserisce.

Vi sarebbe stata, pertanto, una fruizione per le dette pratiche religiose o spirituali sacre in virtù delle particolarità delle numerose rocce, dalle “suggestive forme zoomorfe e antropomorfe”. In altre parole, dalla lettera del riconoscimento, si evince che detti riti sarebbero stati ivi officiati causa la peculiarità del sito in quanto dotato di statue litiche contraddistinte dalle dette forme.

Dato che dette forme di animali e uomini non nascono dal nulla qualcuno deve averle, però, realizzate.

Viene confermata, pertanto, ufficialmente la tesi sulla origine e fattura umana di tali strutture rocciose e sul disegno sacro legato alla loro sequenza e alla loro verosimiglianza con dette forme.

Una tesi suggestiva, che qui si accenna soltanto rimandando ai testi, è quella proposta dal compianto professore Alessandro Musco, di cui a breve decorre il decennale dalla scomparsa, e dallo studioso Paul Devins. Tale tesi è stata, peraltro, recentemente ripresa in un testo del Devins, curato dalla Professoressa Milazzo che meritoriamente coordina questa conferenza.

Secondo detta ipotesi di studio l’enorme strutturazione litica, commissionata dalla casata reale aragonese di Sicilia, sarebbe servita per pratiche di medicina astrale causa le, allora, imminenti tribolazioni profetizzate dal medico e teologo Arnaldo da Villanova. Inoltre, le conformazioni di pietra richiamerebbero specularmente le forme (umane e animali) di ben 21 costellazioni, in perfetta sequenza tra di loro, poco dopo il tramonto del 28 giugno 1311.

Sembrerebbe dunque che il piano morfologico e sequenziale, elaborato dal Villanova poco prima della sua morte, avesse una data scolpita nelle pietre, in base ai superiori movimenti celesti.

Esclusa ogni bislacca e non storiograficamente comprovabile paternità da imputare, per come asserito da alcuni storici locali, a, mai esistiti, ciclopi o a giganti (SIC!), sarebbe opportuno che altri studiosi confermino o meno la paternità, attribuita ad Arnaldo da Villanova, del piano e dei riferimenti simbolici che verosimilmente sono sottesi a dette forme umani e animali in sequenza.

Un dato di partenza è, comunque, ormai assodato e definitivo: trattasi di un sito ove erano operati riti e segni del sacro legati a simboli umani e animali inseriti nel paesaggio.

Lasciando stare il merito agli specialisti del settore, vorrei ora raccontare un aneddoto personale.

Incontrai l’ultima volta il compianto valente archeologo ed amico Sebastiano Tusa, già Assessore Regionale Siciliano alla Cultura, il 22 febbraio 2019 alle conferenze del Tourisma di Firenze. Nell’occasione ci eravamo dati un successivo appuntamento per un confronto legale, con lo scrivente, sulla procedura per la dichiarazione di vincolo di interesse culturale sulle particelle dei terreni ove insistono detti megaliti di Argimusco. Il fato volle che, causa l’incidente aereo del 10 marzo, tale incontro non dovesse avere mai luogo.

Il riferimento sotteso era ad un colloquio intercorso in aereo tra Roma e Palermo nel febbraio del 2018. Il Tusa riferendosi al sopraccitato studio di Musco e Devins parlò al sottoscritto di un “capolavoro assoluto” e di una “scoperta unica nella storia”. Fece, poi, cenno all’urgenza del detto vincolo culturale.

Preciso che Tusa era stato coinvolto sul tema a mezzo di un forum via email organizzato da Alessandro Musco, culminato, poi, nell’attenta lettura del suo testo.

Superando il riserbo tenuto sino ad oggi, causa l’autorevole sede e il tema della odierna conferenza di studio, di tali sue parole ne faccio personale testimonianza (de mortuis nihil nisi bonum).

Ricordo, infine, che il Sottosegretario di Stato alla Cultura, Prof.Vittorio Sgarbi, il 25 gennaio 2022, poco prima della precedente edizione di questa conferenza, sempre finanziata dal Ministero della Cultura, sul tema “Medicina e simboli in tempo di pandemia: il caso dei simboli medico astrologici di Argimusco”, ebbe autorevolmente a scrivere quanto segue: “Le rocche dell’Argimusco sono uno dei luoghi misteriosi della Sicilia; si tratta di un sito naturalistico ed archeologico che sorge a ridosso della Riserva Naturale del Bosco di Malabotta, tra i borghi di Montalbano Elicona, Novara di Sicilia e Tripi, in provincia di Messina. Il luogo è formato da rocce millenarie che sono state trasformate ed utilizzate nel Medioevo per la pratica della medicina astrale. Qui Franco Battiato ha girato il documentario “Attraversando il Bardo”, tratto dall’omonimo libro e il video della canzone “Torneremo ancora“.

Sempre sul tema vorrei citare alcuni casi utili per possibile comparazione col “caso” del “Luogo del Sacro” Argimusco, ove sarebbe stata praticata la medicina astrale.

Tra i beni della lista UNESCO dei beni immateriali ai sensi della Convenzione di Parigi 2003 sono, infatti, già inseriti altri siti funzionalmente similari:

  • i 24 segmenti solari del Fiume Giallo in Cina (dichiarazione 2016)
  • l’immersione astrologica nel Gange (India Kumbh Mela, dichiarazione 2017)
  • le pratiche di osservazione del Sole, Luna e Stelle al fine di predizioni per uso meteorologico e agricolo (Suri Jaceck, Pakistan, dichiarazione 2018)
  • donne nubili che cantano in cerchio durante l’ottavo mese lunare (Ganggannsullae, Corea, dichiarazione 2009)
  • la pratica astrale dello yoga per la medicina (India, dichiarazione 2016)
  • la pratica astrale dell’agopuntura (Cina, dichiarazione 2010)
  • la pratica della medicina tradizionale con chiaroveggenti (Jemea-el-Fua Marrakesh, dichiarazione 2001), etc..

Al di là di alcune recenti propagandate illusioni e suggestioni non fattibili, una possibile opportunità di valorizzazione, di medio-lungo termine, potrebbe essere, dunque, l’inserimento delle pratiche mediche e spirituali astrali del medico-teologo Arnaldo da Villanova nella detta lista UNESCO del Patrimonio Culturale Immateriale. La già acquisita iscrizione quale “Luogo del sacro” nel citato elenco del REIS potrebbe essere un ottimo presupposto a tal fine. Sarebbe consigliabile, aggiungo, seguire il percorso di una candidatura congiunta di tipo interregionale in alleanza con qualche ente territoriale e/o di ricerca della Catalogna. La stessa coalizione potrebbe essere usata, inoltre, anche al fine della candidatura ai similari sopraccitati Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa.

Piuttosto che inseguire sogni impossibili, è, a tal fine, preliminarmente necessario avviare concreti progetti europei di finanziamento per attività di cooperazione interregionale per partenariati con enti e centri di ricerca catalani, da tempo specializzati nel settore, per lo studio e la valorizzazione del patrimonio di conoscenze di medicina astrale lasciati da Arnaldo da Villanova e da altri studiosi coevi.

Credo, infine, che, in forza degli studi e delle dichiarazioni sopraccitati, ci possa essere una buona base per il prosieguo delle ricerche storiografiche, in particolare a livello accademico, e per la contemporanea attuazione di iniziative di promozione e valorizzazione dei luoghi. Non si parli, però, più di ciclopi et similia per non rischiare di derubricare il tutto nel ridicolo.

Sarebbe infine, opportuno che il sogno dell’ex Assessore Tusa possa e debba essere realizzato: la competente Soprintendenza BB.CC. si attivi, pertanto, per la dichiarazione di vincolo culturale, e non solo paesaggistico, sul sito.

Credo che non serva ricordare che, in forza di costante giurisprudenza, i danni eventualmente arrecati alle statue e/o alle persone causa la frequentazione dei luoghi da parte di torme di turisti e, talvolta, purtroppo da qualche invasato degli esoterismi (esattamente come lamentato dallo stesso Arnaldo da Villanova), potrebbe fare configurare ipotesi di responsabilità anche di tipo penale per fatti di tipo omissivo a carico degli organi competenti alla tutela.

Intelligenti pauca.

 

 

 

NOTA DELLA CURATRICE: in ordine al tema trattato dal relatore e relativo alle proposte di riforma legislativa in materia di beni culturali immateriali bisogna precisare che un disegno di legge di riforma è stato presentato dal Governo alle Camere l’11 dicembre 2023. In esso l’articolo 21 regola i beni culturali immateriali.

In data 20 dicembre 2023, il d.d.l. S.958 è stato definitivamente approvato dal Senato della Repubblica e a breve sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

I dettagli tecnici di riforma legislativa in materia di beni culturali immateriali, per come esposti dal relatore, sono stati tutti previsti dal legislatore.

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