Argimusco Decoded – Anatomia di una Scoperta

2018-03-12T11:26:46+00:00 12/03/2018|extra|0 Comments

Paul Devins è autore di tre saggi sul sito megalitico dell’Argimusco (o Argimosco). Il libro conclusivo sul tema è stato scritto con Alessandro Musco, ordinario di Storia della Filosofia medievale presso l’Università di Palermo nonchè direttore e co-fondatore dell’Officina degli Studi Medievali. Alessandro Musco è uno dei più importanti autori internazionali nel settore degli studi di medievalistica ed è il maggiore studioso della figura storica di Federico III d’Aragona di Sicilia, da lui definito “Federico III, il Grande”, con al suo attivo una vasta bibliografia e una continua attività di promozione/organizzazione di convegni ed eventi culturali.

 

 

Lo specchio delle stelle

Nei primi libri il Devins ha presentato le sue tesi sulla connessione stellare dei megaliti. I megaliti sono, secondo il Devins, in relazione con le costellazioni celesti, non in allineamento, come negli altri siti megalitici del mondo, ma quale “specchio” delle stesse costellazioni. In particolare, tutte le costellazioni poste sulla linea dell’orizzonte si specchiano “toccando” quasi sul terreno le proprie gigantesche controfigure megalitiche sull’Argimosco.Utilizzando il programma “Stellarium” o altri programmi simili, sostiene Devins, al PC si può verificare la precisa coincidenza tra i megaliti (rectius, statue di pietra) e le costellazioni dopo il tramonto nel mese di giugno tra il 1.300 d.C. ed oggi). Le costellazioni coincidono nell’ordine di dieci su dieci: dando le spalle a nord, da est ad ovest, Cigno, Freccia, Aquila, Serpente, Ofiuco (Serpentario), Vergine, Leone, Corvo, Idra e Cratere sono poste nello stesso ordine e sequenza dei loro corrispettivi megaliti, con l’eccezione di una costellazione a sud (Libbra) coperta alla vista dal maestoso profilo dell’Etna.

 

 

I simboli dell’alchimia e della medicina astrologica

All’ingresso vi è la “firma” dell’ autore del sito: i megaliti del pellicano, della civetta e dell’alambicco sono la perfetta riproduzione di simboli alchemici e del cristianesimo medievale. Secondo Devins, il megalite definito simbolo della “femminilità” rappresenta, in realtà, il Pellicano. Come il Cristo dà il proprio sangue per la salvezza dei suoi figli, così il Pellicano si becca il petto per dare il proprio sangue ai suoi cuccioli.Il simbolo della “virilità maschile” rappresenta, secondo gli autori, in realtà una civetta, simbolo della Dea Minerva e della capacità di vedere nell’occulto. Dirimpetto insiste un grande megalite a forma di pallone e due travi accostate a formare un triangolo. Questo megalite rappresenta l’alambicco con pallone e un collo piegato (il triangolo), per questo chiamato “pellicano”. Nell’iconografia medievale esso è sempre associato al pellicano volatile.

Nell’ultimo libro il Devins ha individuato, altresì, un megalite riproducente un simbolo dei cavalieri templari, un sestante di pietra arabo, quest’ultimo usato per misurare il passaggio della luna attraverso le costellazioni all’orizzonte al fine delle applicazioni di salassi. L’autore individua la funzione di una vasca, usata per allevate le sanguisughe per le dette applicazioni, in associazione con il vicino sestante.

 

 

La cultura islamico-iberica e la paternità del sito

Devins in un testo del 2011, per la prima volta attibuisce la paternità del piano del sito al medico Arnaldo da Villanova, sulla base dell’esame dei testi astrologici di questi e della coeva medicina astrale e alchemica proveniente dalla “koinè islamico-iberica”.

L’ultimo e conclusivo libro è stato scritto con Alessandro Musco. Il testo, basato su una consistente documentazione storiografica, scandaglia i diversi scenari concettuali e probatori e prepara il terreno per future ricerche accademiche. Tutto ciò che è visibile sul sito, dicono Musco e Devins, si conferma coerente con il mondo culturale di colui che, secondo loro, è l’autore del piano dell’Argimusco, il medico-alchimista del Re di Trinacria, Federico III d’Aragona, Arnaldo da Villanova, e con i contenuti di medicina astrologica e alchemica di molti dei suoi scritti, tra essi il De Sigillis, il Defloratio Philosphorum, etc. Arnaldo, secondo gli autori, creò un sito unico al mondo al fine dell’utilizzo dei megaliti quali enormi sigilli/statue di pietra per applicazioni mediche di “melotesia”, la medicina stellare di gran voga in epoca medievale, disciplina proveniente dalla raffinata cultura sabea di Harran e portata in Sicilia attraverso la Catalogna. Le prove raccolte confermano l’autenticità di alcune delle opere scritte da Arnaldo da Villanova durante i suoi soggiorni in Sicilia, tra il 1305 e il 1311, autenticità oggi contestata da alcuni.

Committenza del sito

Altre presenze architettoniche e culturali presenti nella vicina cittadina di Montalbano Elicona corroborano la tesi che riconduce al mondo e all’entourage beghino catalano di Arnaldo da Villanova l’ideazione dell’Argimusco. Nel sito gli autori individuano la statua della costellazione della Vergine quale omaggio di Arnaldo, anticipato anche nel suo ultimo scritto Informaciò, a quella che sostengono essere la donatrice del sito, la Regina di Sicilia, Eleonora d’Angiò, moglie del Re Federico III d’Aragona. Nella stessa posa in preghiera con le mani intrecciate, posizione peraltro ritenuta di malaugurio in epoca greco-romana, la Regina è ritratta nei mosaici siti nell’abside della Cattedrale di Messina. Gli autori ipotizzano anche la provenienza delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione nonché le modalità amministrative e operative intraprese per la stessa. Il merito sarebbe dovuto alla Regina Eleonora, devota discepola di Arnaldo da Villanova e il cui fratello, Roberto d’Angiò, Re di Napoli, era tra l’altro appassionato d’alchimia: ella avrebbe finanziato riservatamente l’opus mediante un tributo speciale sul proprio patrimonio della Camera Reginale, exenium stabilito con atto emesso dal Castello di Montalbano il 26 agosto 1311. L’opera poi è stata realizzata sull’attiguo demanio reale montano usato per la caccia al falcone praticata dal re.

 

 

Tracce successive

Discusso il forte interesse della casata reale Aragonese per l’astrologia tanto nelle applicazione mediche che nella politica, inaspettatamente, gli autori trovano, poi, un forte indizio sul finanziamento da parte di Eleonora, in un posto lontano da Montalbano, a Belpasso, in provincia di Catania, ove esistono ancora tracce del passaggio di quella regina. Il toponimo e lo stendardo in uso in un quartiere ancora ricordano Eleonora quale “Stella d’Aragona”, poiché appassionata delle stelle, confermando lei quale probabile fautrice dello “specchio delle stelle” per la medicina. Infine, altre conferme sull’attribuzione a Arnaldo della paternità del piano gli autori le trovano in altri testi posteriori, quali un’iconografia presente in un testo di Giovan Battista della Porta del 1610, un sonetto del Santinelli del 1659 etc. (Sully Proud’Homme 2013)

Paul Devins & Alessandro Musco

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