Arnau de Vilanova artefice dell’Argimusco?

(TRATTO DA ARGIMUSCO DECODED DI PAUL DEVINS E ALESSANDRO MUSCO, 2013)

 

IL FRANCESCANO ARNAU DE VILANOVA A MONTALBANO

Montalbano fu città medievale importante perché posta al centro del crocevia stradale, la via Francigena che collegava le coste della Sicilia nord-orientale e l’interno dell’isola. La strada Palermo – Messina passava all’epoca dalla vecchia strada romana e normanna dell’Alcantara e all’incrocio con Randazzo si inerpicava per i Peloritani fino all’Argimusco per poi scendere da lì verso Tripi e Tindari. Nel 1282 Pietro III d’Aragona, I di Sicilia, padre di Federico III, dovendo recarsi da Randazzo a Messina, raggiunse il «locum qui dicitur Argimustus», e da qui «descendens apud Furnarum, ibi residens noctem fecit».Pietro III d’Aragona, inoltre, guardando il panorama dall’alto dell’Argimusto ammirò la «sedes helene tindaree, ubi virginis hodie sacre domus excolitur», ovvero ammirava Tindari ove già allora insisteva il santuario 1.
Con sottile arguzia un giovane studioso ha recentemente sottolineato che il cronista che accompagnava Pietro III, Bartolomeo da Neocastro, non abbia fatto “curiosamente”alcun riferimento alla presenza di megaliti nella zona 2.Le ipotesi sono due: o il cronista era distratto o semplicemente non esistevano ancora i cosidetti “megaliti”.
E’ un fatto storico che il re Federico III risiedesse per gran parte del suo Regno a Messina e durante il periodo estivo a Montalbano, in particolare3. E’ provato che nel mese di luglio 1308 soggiornasse proprio sull’Argimusco4 e che per l’intero mese di settembre 1308 risiedesse a Montalbano 5.
Il 16 luglio 1308 Federico III, con lettera diplomatica, risponde dall “ Argimusco” a Giacomo II che gli proponeva una tregua con Roberto duca di Calabria.
Un suo ospite catalano, il famoso capitano di ventura Ramon Muntaner, scrisse che nel mese di luglio del 1309 “….senyor rey era a Montalba en un lloch que ell esta volenters destiu, e aço era en iuliol….”. E ancora: “…Y cuando llegué a Montalbà, el señor rey había hecho venir a En Simón de Montoliu, y al día siguiente de su llegada, el señor rey me hizo acudir al palacio, ante sí; y allí estaban el conde Manfré de Clarmunt, y misser Damià de Palisi, y misser Orrigo Rosso, y muchos otros ricoshombre de la isla, y muchos caballeros catalanes y aragoneses, y muchas otras buenas gentes, de forma que había al menos un centenar de buenos hombres de gran linaje, y mucha otra gente….6

Nel 1310 e 1311 è anche provato che Federico risiedette a Montalbano (nel mese di agosto e settembre del 1311 in particolare7) e che da lì transitasse per andare a Randazzo8

Come tra poco vedremo, varie opere di edilizia civile, militare e religiosa vennero realizzate proprio in quel periodo vicino l’Argimusco e a Montalbano. Secondo gli storici, Federico III d’Aragona a Montalbano curava la gotta grazie alle acque del Tirone. Per come la storiografia più attenta di oggi riconosce, Federico III in quei luoghi ospitava i Fraticelli o Spirituali di Francesco all’epoca perseguitati dalla Chiesa Romana. Per le conseguenze dell’appoggio papale agli Angioini e le successive scomuniche in Sicilia, per decine di anni non vennero somministrati i sacramenti9. Da lì l’appoggio della casa reale per i beghini catalani e per i fraticelli e spirituali italiani, che fecero sì che Federico accogliesse, con festeggiamenti 10nell’area messinese11, i fraticelli che scappavano dalle persecuzioni fatte al nord.  Tra i simpatizzanti dei fraticelli, nel 1305, Federico III accolse il medico di suo fratello, il già anziano francescano Arnau da Villanova (in catalano Arnau de Vilanova). Dopo avere conosciuto il pensiero beghino 12 a Montpellier, fu messo all’indice prima dai teologi dell’Università di Parigi13, ove insegnò, e, poi, per poco non era stato condannato al rogo dall’Inquisizione a Perugia.
Arnau fu da allora spesso ospite della Corte di Montalbano14,pur continuando a fare viaggi in Europa, per conto di Federico: “…`clam aufugit & profectus in Siciliam à Rege Siciliae Frederico in magno honore habitus est…”, scrisse il Champier nella vita di Arnau15.
Arnau continuò a predicare con la sua visione religiosa basata sul pensiero francescano con punte di millenarismo giacobita apocalittico.
Tra la fine del 1304 e la primavera del 1305 Arnau fu a Catania dove compose l’Allocutio christiani de hiis quae homini conveniunt secundum dignitatem creaturae rationalis, scritto oggi perduto dedicato “Ad inclitum tercium Fredericum Trinacriae regem illustrem 16.
Arnau tornò in Sicilia alla fine del 1308.
Arnau predicò un’impostazione religiosa basata sul rigore evangelico beghino 17, aggiungendovi la convinzione gioachimita della fine del mondo da lui prevista per il 1368 18, 1376 19e praticando a corte la medicina astrologica, la “melotesia”, per la cura della salute e del corpo del re 20.
Arnau, secondo il Mongitore, rimase in Sicilia la maggior parte del tempo e fu inviato come ambasciatore di Giacomo II d’Aragona per un accordo tra suo fratello Federico III e Roberto d’Angiò, re di Napoli, fratello di Eleonora d’Angiò.
Vera è, dunque, la tradizione che vuole Arnau presente nel 1309 alla corte angioina di Napoli. L’uso del nome Raynaldus, talvolta usato al posto di Arnaldus, pare sia da fare risalire a Roberto d’Angiò, re appassionato di alchimia, in una lettera del 15 aprile 1310 destinata a Bianca, regina d’Aragona, sua cugina21, mentre numerosi sono i testi alchemici dedicati da Arnau al Re Roberto.
Nel soggiorno siciliano, poi, Arnau scrisse un altra operetta perduta “Interpretatio facta per Magistrum Arnaldum de Villanova de visionibus in somnis dominorum Iacobi secundi regis Aragonum et Frederici tertii regis Siciliae eius fratris”. Nel 1309 Arnau, presentando al papa ad Avignone il suo Rahonement, altro testo sui sogni dei due fratelli Giacomo e Federico, disse al papa di avere convinto la regina Eleonora a vendere i suoi gioielli e con il ricavato darlo ai poveri e per una nuova crociata.
Nel manoscritto conservato a Londra, British Library, add. 10764, XV secolo, fol.71-74, 157-163, Arnau cosi inizia: ”Incipit Epistola Magistri Arnaldi de Villa Nova in regno Cicilie directa ad Papam Bonefacium, de lapide philosphorum…”.
Nello stesso anno, nell’ottobre 1309, nei Capitoli di Piazza, il re promulgò una legge repressiva del lusso, che prevedeva l’apertura di scuole per maschi e femmine e altri provvedimenti pieni di umanità verso schiavi, arabi ed ebrei. Nei successivi 48 capitoli stabilì anche il valore giuridico della deposizione delle donne nella compravendita di immobili, una specie di rivoluzione nel campo dei diritti civili e della non discrimazione sessuale antesignana delle legislazioni del 1900. I capitoli sono stati con grande probabilità influenzati dall’insegnamento di Arnau a corte nonchè dal carattere dolce ma deciso della Regina Eleonora d’Angiò, moglie di Federico, che, lo vedremo, aveva già ottenuto nel 1305 l’istituzione della Camera Reginale siracusana, ovvero l’amministrazione di un proprio patrimonio reginale all’epoca limitato alle terre e al castello di Avola anche se di fatto esteso a tutta Siracusa.
Nel 1310 Arnau è di nuovo in Sicilia ove compone la Informaciò espiritual al Rei Frederic de Sicilia. In esso Arnau si rivolge alla regina Eleonora raccomandandole di non avere letture futili e di organizzare forme di gruppi religiosi sullo stile beghino. Nello stesso anno, 1310, probabilmente, Eleonora fece una donazione ad Arnau22consistente in un tabernacolo di legno inventariato al n. 171 dei suoi beni 23. Altro regalo furono, verosimilmente, le Chiese di Spirito Santo e Santa Caterina d’Alessandria24costruite durante l’ultima permanenza di Arnau a Montalbano nel 1310 e quest’ultima dedicata (secondo noi dopo la morte di Arnau nel 1344) alla patrona degli alchimisti. Di seguito ipotizzeremo che tale regalo possa essere stato fatto in segno di ringraziamento per un importante servizio reso da Arnau per conto e a spese della Camera Reginale. Non sappiamo esattamente a che cosa Arnau possa avere destinato le risorse destinate per detto servizio. O, almeno, tra poco lo sapremo…
Certamente, le risorse per il servizio non provenivano dalla vendita dei gioielli personali già fatta nel 1309, presentata al papa nello stesso anno e destinata alle summenzionate finalità.
Le risorse provenivano dal patrimonio della Camera Reginale nel Val di Noto: di seguito indicheremo anche l’atto della Cancelleria reale che le trasferisce da Siracusa a Montalbano25. Morto nel 1308 il vecchio gestore, Raniero di Sciacca, castellano di Avola, Eleonora elesse, il 28 maggio 1308, quale nuovo castellano di Avola, Calcerando de Vergnea. Con grande probabilità fu quest’ultimo, quale delegato alla giurisdizione criminale, a dovere sanzionare quella che si può oggi ritenere una vera e propria rivolta fiscale che scoppiò, lo anticipiamo, allorchè venne imposto un nuovo tributo senza alcuna ragione giustificativa a supporto 26. Rimandiamo a tra poco i dettagli su cosa successe.
Arnau, come l’altro medico francescano alchimista catalano Raimondo Lullo, aveva una grande attenzione per i cavalieri templari: essi dovevano favorire la conversione degli infedeli e la ripresa della terra santa 27.
I cavalieri templari proteggevano i pellegrini nel viaggio per la terra santa, i cavalieri teutonici e templari siciliani si occuparono anche della protezione dei beghini e dei fraticelli presenti soprattutto nel territorio messinese. Il simbolo del Delta o Tetragrammaton, che tra poco esamineremo, presente dietro il megalite della Vergine, è di ausilio in questo senso. Il Tetragrammaton, ovvero il nome di Dio, inteso da Arnau a tre lettere come la Trinità, il cui simbolo era il Delta in cui lo stesso era inscritto, rappresentava uno dei gradi templari quello dei “Cavalieri del Delta Sacro28.ll fatto che sia presente sull’Argimusco, poco distante dalla regia aedes di Federico, in un area in cui egli proteggeva i fraticelli non riteniamo sia un caso. I templari hanno certamente qualcosa a che fare con l’Argimusco: la presenza di uno dei loro simboli lo attesta. I documenti di Arnau, qui indicati in nota, lo confermerebbero.
IL TETRAGRAMMATON TEMPLARE DI ARNAU


 Dietro il megalite della Vergine troviamo, infine, una prova della presenza di Arnau sull’Argimusco: un Delta. Il delta si trova non a caso dietro il megalite della Vergine. Tra i gradi templari vi erano, infatti, i “Cavalieri del Delta Sacro”. Loro compito “custodire con fedeltà il tesoro della sapienza tradizionale, sempre velandolo a coloro che non sappiano penetrare nel “terzo cielo”.  Dall’orfismo e dal pitagorismo sappiamo che il terzo cielo è quello di Venere29.

Dicevamo che dietro la Vergine vediamo una preesistente roccia rimaneggiata al fine di renderla perfettamente triangolare, a forma di delta. Non trattasi di una piramide, causa l’irregolarità degli altri lati. Degli scalini sono stati poi scavati sopra di esso al fine di consentire di salirvi sopra. 
Il delta, oltre che essere l’antico simbolo pitagorico della Tetraktis pitagorica, era anche il simbolo del Tetragrammaton 30 ovvero il nome di Jahve (“יהוה“): Joth, Heth, Van (Vau), Heth. Di esso Arnau tratta estesamente nel libro Allocutio super significatione nominis “Thetragrammaton”: “Cum igitur ordine temporis hebrayca lingua precedat latinam, in acceptione Sacre Scripture contemplemur primo figuras litterales quibus in hebreo scribitur illud nomen. Sunt autem he: “יהוה“, id est yod, he, vau, he»31 Arnau, nel testo, riduce le lettere del nome da quattro a tre (il delta, appunto) per esprimere la Trinità, seguendo anche l’insegnamento ebraico cui era stato introdotto dall’ebreo convertito Ramon Martì.
Le lettere del Tetragramaton dovevano essere incise anche sui sigilli/statue, secondo le indicazioni che lui stesso diede nel “De Sigillis”.
Il medico Arnau, amico dei fraticelli spirituali e beghino convinto, era fortemente consapevole della necessità di associare alle cure mediche, regolate dalle stelle, anche preghiere a Dio. Cui, comunque, prescrive di rivolgersi, soprattutto, durante la preparazione dei sigilli astrali, per come vedremo infra.  
Insomma, in questa ipotesi, l’Argimusco non sarebbe mai stato un luogo di strane pratiche magiche o di antichi riti sulla fertilità. Sarebbe stato creato, come meglio spiegheremo nella pagine seguenti, per la pratica della medicina astrale e della medicina alchemica in voga presso i francescani, come Ruggero Bacone, Arnau de Vilanova o Giovanni da Rupescissa. I Francescani spirituali 32, lo ricordiamo, venivano protetti dalle persecuzioni e accolti in Sicilia da Federico III. Arnau, dopo avere scritto vari libri rivolti ai Beghini di Provenza, simpatizzò per gli spirituali toscani e si rifugiò in Sicilia per sfuggire all’Inquisizione di Perugia.
Sui templari Arnau dice nel Expositio super Apocalypsi, «ECCLESIA LAODICIE respicit primo et principaliter septimum et ultimum tempus Ecclesiae militantis, quod post mortem Antichristi curret usque ad finem mundi. Secundario respicit statum regularem Christo militantem, ram corporaliter quam spiritualiter, ut est status Hospitalariorum et Templariorum et Uclesii et Calatravae et similium…». In una lettera a Giacomo II Arnau considera i cavalieri templari come uno dei segni positivi del settimo tempo della Chiesa che seguirà la morte dell’Anticristo (Ad Jacobum Il de Templariis) 33.

Il sito sarebbe stato, dunque, ideato dal medico Arnau de Vilanova? Non è ancora l’ora di avanzare tali ipotesi. Arnau de Vilanova è, comunque, il più grande personaggio storico di levatura mondiale che abbia mai vissuto nell’area.

    CANTIERI EDILI IN LOCO
E’ provato che durante il periodo di Federico III 34un importante cantiere edile venne messo all’opera a Montalbano per il Castello medievale 35e per la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria36, attigua al castello e per quella dello Santo Spirito costruita nel 1310. Nella chiesa di Santa Caterina è tutt’ora riportata sul campanile la data del 1344, ma la costruzione è da fare risalire al 1310 a causa dello stile in tutto simile a quello della chiesa di Spirito Santo.
Le due chiese sono orientate proprio verso l’Argimusco a sud (e non verso est come si usava all’epoca). La Chiesa di Santa Caterina singolarmente conserva un merlo (addirittura!) ghibellino e non ha nell’arco del portale alcuna chiave di volta 37. Nel portale si distingue, inoltre, una rosa simbolo dei coevi Fedeli d’Amore38, cui apparteneva tra gli altri Dante Alighieri, e poi dei Rosacroce (secondo Gottfried Arnold lo era lo stesso Arnau39). Parimenti nella finestrella sopra il portale della Chiesa dello Spirito Santo sono presenti due rose.
Santa Caterina d’Alessandria era la santa patrona degli alchimisti: non è, dunque, un caso che accanto alla chiesa ad Ella dedicata fosse stato sepolto, secondo il Fazello, il più famoso alchimista e medico europeo, Arnau de Vilanova. A questo proposito vale segnalare che è provato che Arnau de Vilanova fosse al seguito di Federico III nel 1310, e dunque, presente a Montalbano. La chiesa dedicata alla patrona degli alchimisti venne realizzata, dunque, davanti al grande medico-alchimista Arnau. Nello stesso periodo vennero presumibilmente realizzati i primi contrafforti di un castello, il Castellazzo, mai finito, poco lontano dall’Argimusco, in località Polverello40, nonché una torre-fondaco proprio dirimpetto all’area dell’Argimusco.
Se ipotizziamo, come stiamo facendo, la coeva realizzazione anche dell’Argimusco, in contemporanea con le altre realizzazioni montalbanesi, non possiamo non osservare la grande maestria tecnica adoperata oltre che la possente dotazione di mezzi e risorse necessaria all’opera.
I congregati di sabbia e pietruzze visibili oggi nei megaliti del pellicano, nella civetta, nell’aquila e nel cigno sono segnale di una grande abilità nella lavorazione e nella modellazione (come nel caso dei megaliti del cigno e della civetta). I grandi massi lavorati e issati nel megalite del cratere e nel suo mestolo tagliato di netto dal corpo del megalite, nel corvo (il cuneo di pietra non si sa come inserito lungo la spalla), e sopratutto nell’aquila, fanno intuire la presenza di grandi argani abilmente adoperati. La scultura quasi pittorica della vergine fa, poi, intravedere una grande maestria e una direzione presumibilmente fatta a distanza per via proprio della visibilità e della fruizione dell’immagine, tutt’ora godibile dal centro del pianoro.
La cava a cielo aperto, ancora oggi visibile presso la cosidetta Grande Rupe, consente di avere un’idea dell’abilità dei maestri intagliatori. Questi con alti ponteggi estraevano grandi megaliti dalla cava. Alcuni li inserivano con possenti argani dentro i megaliti già presenti, è il caso dell’ enorme cuneo inserito a sostegno dietro la schiena del Corvo, altri venivano trasportati e lavorati sul luogo di installazione.
Attorno alla cava sono, però, ancora visibili dei grandi massi sparsi disordinatamente sull’altipiano e non utilizzati. Segnale inequivocabile che per un qualche motivo il progetto è rimasto interrotto. Vedremo che questa è una delle chiavi per svelare il mistero del sito.
L’UNICO SISTEMA CULTURALE ISLAMICO-IBERICO

Per individuare una comune matrice culturale bisogna prima individuare il periodo storico in cui le costellazioni furono maggiormente utilizzate per una qualche forma di interazione con l’uomo e quando tale interazione potè trovare attenzione e applicazione tecnica in Sicilia e in quell’area, in particolare. Abbiamo detto che tra tutte le epoche storiche quella che riservò la maggiore attenzione alle scienze astronomiche e astrologiche fu quella araba, grazie all’apporto dei cosidetti “sabei” di Harran41. Essi influenzarono il pensiero arabo esplicando i principi ermetici della specularità tra “ciò che sta in cielo e ciò che sta sulla terra” (“quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius”recita la Tabula Smaragdina ermetica). Tali principi vennero declinati nel senso di un’interazione tra uomini e costellazioni determinanti influssi oggettivi che investivano la salute (la scienza medica, sempre araba, che all’epoca curava mediante le stelle 42 era la “melotesia” 43), fino ad arrivare ad una vera e propria religione delle stelle, l’“astrolatria”. Ogni parte del microcosmo-corpo umano corrispondeva con un macrocosmo-costellazione 44.

L’astrologia, nello studio dell’azione del macrocosmo sul microcosmo umano45, si applicava sia alla diagnostica che alla terapeutica medica. Le opere astronomiche degli Arabi vennero tradotte alla corte spagnola di Alfonso X di Castiglia, chiamato il Saggio46, e da lì in gran massa arrivarono in occidente. Non è un caso, dunque, che alla corte aragonese di Giacomo II 47e a quella aragonese siciliana di Federico III tali opere fossero in gran voga48. La prima opera di astronomia in catalano fu il Trattato d’Astronomia redatto da Raimondo Lullo, un altro futuro ospite di Federico III, nel 129749. Tra le altre compilazioni di origine iberica le più rilevanti furono “Il libro dei giudizi delle stelle” dell’ebreo Abraham ben Meir ibn Ezra e il Libro dei giudizi d’Astronomia” di Giovanni di Siviglia. L’astrologia50divenne anche applicazione magica51 tanto con l’uso di talismani quanto con l’uso di immagini raffigurate in statue 52, per come insegnato dal sabeo Thebit Ibn Qurra nel “De Imaginibus”. La magia harraniana era la più genuina rappresentante della «scienza delle immagini». Questa scienza spiega l’intima relazione del macrocosmo celeste con il microcosmo terrestre e la stretta connessione del movimento degli astri con gli eventi umani, indicando la «scientia astrorum» come la principale delle scienze naturali e applicando i poteri occulti della natura e dei suoi elementi per mezzo dell’influsso che sopra quelli esercitano i corpi celesti53. Tali principi, furono esposti in dettaglio in opere come la Enciclopedia de los “Hermanos de la Pureza” (Ijwan al-Safa) conosciuto in latino come De radiis di Al-Kindi 54. Cerimonie venivano fatte per attrarre il potere degli astri sopra certi oggetti scolpiti con immagini magiche che, realizzati in determinati momenti astrologici, si trasformano in talismani per i più diversi fini55. L’opera “Libro de las formas y de lasimàgenes” riguardava i modi di catturare il potere dei corpi celesti da parte di un mago, scolpendo determinate immagini dei corpi celesti in certe pietre in precisi momenti astrologici56. In opere come Gayat al-hakim, la cui versione in latino fatta ai tempi di Alfonso è conosciuta come Picatrix, troviamo dissertazioni sopra principi filosofici della magia astrale, come anche concrete invocazioni 57. Il neoplatonico Plotino, diceva in uno dei suoi scritti che gli astri “trasmettono la loro influenza per una sorta di irradiazione”58. Questa «sorta di irradiazione», in particolare, quella perpendicolare, diretta dagli astri59, è il tema principale dell’opera sopraccitata, il De Radiis, opera che avrà una grande influenza nello sviluppo della magia astrale araba. La virtù dell’astro agisce con più forza quando arriva in forma concentrata piuttosto che diffusa, per effetto della rifrazione o della riflessione. La stessa cosa accade quando i raggi di una stella colpiscono in perpendicolare piuttosto che in obliquo, a causa dei minori angoli di incidenza dei raggi che raggiungono la terra. Le influenze astrali non erano considerate da Al-Kindi come forze demoniache, ma, piuttosto, come raggi di luce ovvero come forze naturali 60. Altro elemento del testo di Al Kindi era quello sulla virtù delle parole. Tutte le cose sia quelle del mondo celeste sia quelle del mondo elementare emettono suoni e dunque effetti. Al Kindi elebora una teoria sugli incantesimi e stabilisce che in ogni caso l’efficacia dei canti, nomi o incantesimi per i segni dipende sempre dall’armonia celeste. Quanto più l’imposizione del significato del nome attribuito dall’uomo concorda con quello dell’armonia celeste, di tanto più la virtù di quel nome sarà potente, poiché esso sarà dotato di una virtù naturale proveniente dai cieli e da una virtù accidentale conseguente 61.

Così anche le preghiere a Dio hanno efficacia non per il loro significato ma per l’armonia celeste.

Compito del mago, secondo la tradizione canonica della magia astrale, è quello di catturare questo potere costruendo ricettacoli adeguati, scolpendo determinate immagini in determinati momenti e realizzando idonei rituali con incensi, musiche e incantesimi. Sebbene al-Kindi presenti i principi generali del processo, non ci sono nella sua opera dettagli concreti al fine della realizzazione della detta attività magica, al contrario del Picatrix, dove abbondano, invece, le formule con specificazioni dettagliate62.
L’opera con un’applicazione più pratica della magia astrale si attribuisce precisamente ad un contemporaneo di Al-Kindi. Si tratta del soprammenzionato Thebit ibn Qurra, la cui opera si è preservata in latino con il títolo di De imaginibus 63, tradotto in Spagna nella seconda metà del secolo XII da Juan de Sevilla (Ioannes Hispalensis).
Arnau de Vilanova apprezzava le tesi di Thebit tanto che lo cita nel suo testo De iudiciis astronomie al fine di stabilire le che la virtù delle immagini discende dal momento in cui queste vengono realizzate:“Unde secundum Thebith ymagines fiunt habentes virtutes lapidum preciosorum mineralium nec ab aliquo habent virtutem nisi ab aspectu planetarum in tempore quo artificiuntur. Cum materia illarum sit terrea quod apte fiunt vel metallea, id est tunc ex parte materie non potest multam acquirere virtutem, sed solum ex virtute celesti que fit in tempore factionis eorum. Sic est de confectionibus quibuslibet a medicis compositis paulo minus habent virtutem a tempore confectionis, sed in illo comparatur melius quam ex parte materie ex qua componunt”64.
Thebit descriveva le condizioni fisiche e astrologiche nelle quali i talismani planetari (statue) dovevano realizzarsi, tuttavia, non descriveva il cerimoniale liturgico che doveva essere praticato in ciascun caso65.
Altri iniziati come i sopraccitati los Ijwan al-Safa (Hermanos de la pureza) o autori di opere alchemiche come Gabir ibn Hayyan trasmisero cerimoniali, che furono compendiati in manuali, come il sopraccitato Gayat al-Hakim, tradotto nel 1256 come Picatrix66.
Esaminiamo ora un aspetto pregnante l’ermetismo medievale ovvero l’astrologia medica o melotesia. Essa si applica fondamentalmente alla diagnostica, ai pronostici e alla terapeutica.
Il medico Arnau utilizzò per finalità mediche le immagini delle costellazioni realizzate, come detto, in particolari momenti astrologici. Le immagini dovevano riflettere i raggi provenienti dalle stelle al fine della terapia medica: la tecnica fondeva cioè le tesi di A-Kindi con quelle di Thebit ibn Qurra. Un esempio di tale concezione terapeutica lo troviamo nel medico contemporaneo Pietro D’Abano che diceva che l’astrologo doveva informare il medico delle debolezze organiche di un individuo, e intervenire “con immagini per convogliare sulla persona i raggi stellari positivi” 67.
Tra le misure terapeutiche la flebotomia fu una delle prime pratiche terapeutiche per cui si osservava le stelle 68.Al momento di scegliere l’ora del salasso si ricorreva agli astri. Gli autori medievali facevano due analogie significative: l’una è il parallelismo tra gli umori del corpo e i líquidi della natura, nei quali si osservava più chiaramente l’azione degli astri (esempio sono le maree; l’altro, la relazione tra i mesi lunari e le mestruazioni). Il calendario presentava diversi condizionamenti dovuti a diverse cause che davano diverse indicazioni terapeutiche, per la flebotomia in particolare. Altro tipo di condizionamenti erano quelli secondo i quali determinate posizioni della luna impedivano la chirurgia: si interdiceva qualsivoglia intervento chirurgico, inclusa la flebotomia, se la luna occupava il segno che riguardava la parte del corpo da operare, etc.. Altrettanto condizionata dall’astrologia era la proibizione di fare salassi o purghe nei “giorni del cane” o “Egiziani”, ovvero dei giorni in cui era considerata pericolosa la flebotomia69.
 
UN ARTEFICE FIGLIO DI QUEL SISTEMA CULTURALE

La sopraccitata presenza comprovata del medico di Giacomo II re di Aragona e di Federico III re di Trinacria, Arnau de Vilanova, in Sicilia, al fianco di Federico, tra il 1305 e il 1311, seppur con varie interruzioni, come le numerose presenze di Federico a Montalbano e sull’Argimusco, in sicura compagnia di Arnau, potrebbero essere un elemento indiziario.

Ma non sufficiente secondo noi.
Crediamo sia meglio cercare le prove del delitto a casa dell’indiziato guardando nella sua corrispondenza (nel computer, si direbbe oggi) avente riferimento al caso oggetto di indagine. Meglio ancora se il presunto colpevole dovesse avere scritto alcuni dei più importanti testi di medicina astrologica e di alchimia (oltre che teologici) del Medioevo. Curiosiamo tra le carte dell’indiziato Arnau, dunque.
E’ provato che Arnau fosse entrato in contatto con le citate conoscenze di medicina astrologica e astronomiche70 e come egli spesso citasse Al-Kindi e Thebit nelle sue opere71. In alcuni testi, come il De Sigillis72 o nell’Antidotarium, il medico Arnau spiega come realizzare immagini delle costellazioni, zodiacali e non zodiacali, al fine della cura della salute. E’ anzi noto come lo stesso Arnau curasse il Papa, Bonifacio VIII, di una grave malattia ai reni tramite l’applicazione di un sigillo, quello riportante l’immagine del leone73. Nell’opera Antidotarium, parla poi di come realizzare un particolare sigillo non zodiacale 74ritraente la costellazione del Serpentario al fine di curare gli avvelenamenti causati da morsi di serpente75.
Come visto nell’introduzione sia il Serpentario che il Leone sono megaliti che troviamo sull’Argimusco.
L’interesse di Arnau verso l’astrologia medica76è anche dimostrato dalla presenza di una serie di libri sull’astronomia e l’astrologia araba nella sua biblioteca 77e da una serie di riferimenti sparsi in tutta la sua opera, medica78.
Egli lesse i libri direttamente in arabo e alcune di questi egli, come da indicazione di Alberto Magno, li considerò negromantici: “Nos in lingua arabum legisse recolimus totam nigromantie fatuitatis doctrinam79.
Nel contesto del sapere profano come nella medicina, Arnau valorizza l’influenza astrale come una delle cause naturali della malattia e della salute. Così, si trovano all’interno dell’ambiente (AER) gli effetti delle stelle, seguiti dalle variazioni climatiche stagionali o l’influenza astrologica. Arnau segnala come fattori principali connessi all’AER la Luna e le sue fasi. Infatti, la Luna ha un ruolo cruciale nell’astrologia medica, in particolare nel decidere in quali condizioni più favorevoli fare il salasso preservativo (quello che viene fatto senza la pressione di un’emergenza). In tutto il lavoro medico di Arnau si indica che il salasso è legato all’astrologia. Le indicazioni teoriche fornite nella Medicationis Parabole circa il salasso, vengono messe in pratica per un singolo paziente nella “Regimen podagre”, che descrive il salasso preservativo. Tra le altre condizioni indica, come visto, che esso si debba praticare dal giorno 18 al 24 del mese Lunare80e deve essere evitato con la Luna in Gemelli 81.
Oltre al salasso, altro settore in cui molto spesso si considera la posizione astrologica è la raccolta di materiali al fine della somministrazione di farmaci, non solo vegetali, ma anche animali o minerali82.

Nel De Sigillis Arnau esprime, ancora, la convinzione che i sigilli astrali di Ariete e Bilancia possano proteggere dall’azione e dalle “insidie” dei demoni83. Arnau non solo parla dei sigilli astrologici nei suoi scritti, ma esistono prove documentali che se ne sia servito nella sua pratica professionale. Il primo e più famoso caso, prima citato, è legato alla prima visita di Arnau alla corte papale, come testimonia una lettera dell’ambasciatore Guerau Albalat a Giacomo II84.

Tra le misure terapeutiche prescritte dal medico catalano si cita un sigillo d’oro con inciso un segno del Leone, posto sul rene con una cintura, per come descritto da Giovanni Blasi, Guiu di Chaulhac e da Pietro di Abano85.

E’ nota la reazione scandalizzata che causò un rimedio così insolito nella curia papale. L’uso di immagini astrologiche nella guarigione del Papa non era affatto un caso isolato, come dimostra l’esistenza di copie dello stesso stampo del Leone, sei d’oro e ottone, tra le pertinenze di Arnau trovate a Valencia e Barcellona dopo la sua morte86.

Nello Speculum medicine Arnau attribuisce la trasmissione del sigillo alla tradizione ermetica87. Anche in Aphorismi stravaganti egli consiglia di applicare un timbro astrologico indeterminato sui piedi per curare la gotta88. I riferimenti di Arnau e altri autori che hanno usato l’immagine del Leone per combattere il male dei reni, sono nei testi astrologici relativi ai sigilli nel De Sigillis 89,nel De De duodecim Hermetis imaginibus90 e nel Documentum contra lapidem. Weill-Parot e Danielle Jacquart hanno proposto che potrebbe trattarsi dell’influenza dell’ alchimia per il possibile legame tra calcoli renali e la Pietra Filosofale (per come indicato successivamente da Paracelso), e tra l’oro e il sole 91.

I megaliti/statue dell’Argimusco potrebbero non essere altro che sigilli medici speculari “in stile harrariano” (ovvero statue) alle costellazioni, uguali, ancorchè molto più grandi, ai sigilli rappresentanti le stesse.
PAUL DEVINS & ALESSANDRO MUSCO
 
 

Note

  1. Bartolomeo da Neocastro, Historia sicula, ed. R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, I, Palermo 1791, cap. 50, p. 75.
  2. G. Tropea “Argimusco e via Francigena in Sicilia: Contrada Argimusco, valico dei Nebrodi” sul sito internet www.medioevosicilia.eu. Uno dei contributi più interessanti dati dal Tropea è quello sul passaggio della Via Francigena dall’Argimusco. In tal senso il luogo è servito come luogo di sosta e per la fornitura d’acqua (il sito veniva indicato nel 1600 come fonti di Lagrimusco)
  3. E’ nota grazie a Leonardo Sciascia la storia di Ramon Muntaner che nel 1309 e nel 1312, nel mese di luglio, rese visita al Re Federico III a Montalbano. Di seguito riportiamo un passaggio su Montalbano: “…E axi partent de Maho fuy en Sicilia, e pres terra a Trapena, e a Trapena yo pose ma muller, e ab la galea anemen a Masina e trobe, quel senyor rey era a Montalba en un lloch que ell esta volenters destiu, e aço era en iuliol; e yo ane lla e done los dos falcons al senyor rey, quel senyor infant en Ferrando li trametia,…” Cap. CCLV. Crònica de Ramon Muntaner – Versione italiana di Filippo Moïsè. Firenze 1844. Riedita a Palermo 1984, con introduzione di L. Sciascia. Federico III conosceva bene Ramon, ne apprezzava le qualità e l’esperienza approfondita del mondo arabo in merito a usi e comportamenti, e perché era in grado di «parlar sarraïnesc». Per questo, ricevutolo nel luglio 1309 a Montalbano, dove passava l’estate, gli chiese di rinunciare al progetto di rientrare in patria per prendere in moglie una giovane che lo aspettava ormai da dieci anni. Lo incaricò, invece, di recarsi in Africa per ristabilire una situazione pacifica nelle isole tunisine di Kerkennah e di Djerba; di questa, subito dopo sarebbe diventato governatore.
  4. Acta Sicula-Aragonensia II: Documenti sulla luogotenenza di Federico d’Aragona (a cura di F. Giunta A. Giuffrida), Palermo, 1972, 06 (1) 102. Il documento attesta la presenza del Re Federico III d’Aragona sull’Argimusco il 16 luglio 1308. Federico III risponde a Giacomo II che gli propone una tregua con Roberto duca di Calabria. Dunque, dall’Argimusco il re inviava un importantissimo documento diplomatico internazionale. Simili documenti partivano in nave e con grandi misure di sicurezza, accompagnati da forze armate a difesa della corrispondenza. Il fatto che tale documento non sia partito dalle grandi sedi regie di Palermo, Catania o Messina bensì dall’Argimusco fa pensare che, con tutta evidenza, Federico ivi risiedeva in quell’estate del 1308 il re in compagnia del suo medico Arnau de Vilanova. E’ noto che nel 1305, infatti, Arnau scappato dalle cure dell’Inquisizione a Perugia arriva in Sicilia, ospite di Federico III, fratello di Giacomo II, per cui aveva già lavorato come medico.
  5. Marrone A. “Repertorio degli atti della Cancelleria del Regno di Sicilia dal 1282 al 1377”, da Montalbano tra l’agosto 1311 e il settembre 1311 vengono inviate cinque lettere regie: con la prima Federico III scrive “De ordinandis certis assisis in Siracusa”, con la seconda Federico III scrive a Giacomo II sull’intitolazione da portare, con la terza Federico III scrive sull’elezione dei giurati di Palermo, con la quarta Federico III raccomanda a Giacomo II Arnaldo de Burdils, con l’ultima Federico III prega Bernardo de Aversene, notaio del re d’Aragona, di avere a cuore gli interessi del re di Sicilia
  6. Cap. CCLI, Crònica de Ramon Muntaner – Versione italiana di Filippo Moïsè. Firenze 1844.
  7. “La corte itinerante di Sicilia negli anni 1282-1377” di Antonino Marrone, in Schede Medievali n. 49, Officina degli Studi Medevali, pag. 160
  8. Il 20 agosto 1310 mandava una lettera da Messina, l’1 ottobre 1310 da Randazzo
  9. Potthast (a cura di) Regesta pontificarum romanorum, Berlin, 1874-1875, vol II, pp. 1769-1770: “Martino IV condannò i Siciliani paragonandoli alla folla che aveva ucciso Cristo”
  10. Backman C.ibidem, a cura di A.Musco, pag. 180 e ss.
  11. Backman C. ibidem, a cura di A.Musco, 2007, pag. 211
  12. Santi F., Arnau de Vilanova, 109; R. Manselli, Spirituali e Beghini in Provenza (Rome, 1959), 55-80, e ‘La religiosità d’Arnaldo da Villanova’, Bollettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, 63 (1951), 1-100, 23-42, C. R. Backman, ‘The Reception of Arnau de Vilanova’s Religious Ideas’, in S. L. Waugh e P. D. Diehl (ed.), Christendom and its Discontents: Exclusion, Persecution and Rebellion, 1000-1500 (Cambridge, 1996), 112–31 at 115–18. I libri di Arnaldo sui beghini furono Confessió de Barcelona (1305), il Raonament d’Avinyó (c.1310), Informatio beguinorum seu lectio narbone scritto tra il 1302 e il 1311. C. R. Backman, ‘Arnau de Vilanova and the Franciscan Spirituals in Sicily’, Franciscan Studies, 50 (1990), 7–15, tratta delle simpatie di Arnaldo per gli spirituali
  13. Le lettere di protesta di Arnau al re di Francia sono riportate in M. Menéndez y Pelayo, Historia de los heterodoxos españoles, iii (Buenos Aires, 1951), pp. lxxviii–lxxxiii,
  14. “Matthaeus Silvagius de tribus Peregrinis tradit Montem Albanum, Siciliae oppidum, patria, Arnaldi philosophi & Medici peritissimi extitiffe: in eodem oppido eius corpus sepulcrum conditum addit. Ibiden sepultum prodit Fazellus“ in Antonino Mongitore Biblioteca sicula, sive De scriptoribus siculis, 1707-1714 (2 Vol.) e ancora “Federico III d’Aragona risiedeva spesso a Montalbano e non era raro che con lui ci fosse quello che era allo stesso tempo il suo medico personale e il suo precettore: Arnaldo da Villanova” in Appunti per una storia delle presenze dei Spirituali a Messina di Antonella Doninelli, pag., 127 – Francescanesimo e cultura nella provincia di messina: atti del convegno di studio: Messina a cura di Carolina Miceli e Agostina Passantino. Palermo biblioteca francescana – Officina di studi medievali 2009
  15. “Arnaldi vita a domino symphoriano campegio aurato equite, ac favergie domino, serenissime calabrum et lothoringorum ducis archiatro, edita”, texte de Champier, in Calvet, Les oeuvres alchimiques attribuées à Arnaud de Villeneuve” di Antoine Calvet, S.E.H.A. ARCHE’, prefazione di Sebastià Giralt, 2011, pag. 702
  16. Cfr. M. Menéndez y Pelayo, Historia de los heterodoxos españoles, (nueva edicion) II Santander 1947, p.277
  17. Vedi J. Perarnau, L’ “Alia Informatio Beguinorum” d’Arnau de Vilanova (Barcelona, 1978).
  18. Backman C. ibidem, a cura di A.Musco, 2007, pag. 57, e ancora si veda Guadalajara J. “La venida del Anticristo: terror y moralidad en la Edad Media Hispánica”. Culturas Populares. Revista Electrónica 4 (2007). In un documento dell’archivio parrochiale di Mojà si riferisce che nell’agosto del 1310 (Arnau era a Montalbano) un predicatore di Palma di Majorca fece un sermone che citava le apocalittiche profezie di Arnau de Vilanova. Tale predica spaventò così tanto la gente di Palma che tutti vollero di colpo confessarsi e bruciare su un falò delle vanità tutti i beni terreni. Il re di Majorca appresa la notizia chiese al vescovo di Majorca di confortare la gente e ordinò che il predicatore venisse imprigionato, vedi A Kingdom of Stargazers: Astrology and Authority in the late Medieval Crown of Aragon di Michael E. Ryan 2011 pag.60.
  19. Arnau de Vilanova, Expositio super Apocalypsi, ed. J. Carreras i Artau (Barcelona, 1971) la cui paternità ad Arnaldo è contestata da Perarnau, in ‘Problemes i criteris’, 48–70; Arnau de Vilanova,Tractatus de tempore adventus Antichristi, commentato in J. Perarnau, ‘El text primitiu del De mysterio cymbalorum ecclesiae d’Arnau de Vilanova’, ATCA, 7/ 8 (1988/ 9), 134–69;
  20. Il Secretum Secretorum, un’opera di origine araba destinata ad un enorme successo presso le élites dell’Occidente medievale del XIII sec., pone al centro della sua riflessione il corpo del sovrano, incarnazione e metafora vivente del «corpo» della collettività. La migliore edizione del Secretum Secretorum latino è contenuta in Opera hactenus inedita Rogerii Baconi , fascicolo V, Oxford 1920, a cura di R. Steele. Si veda “Corpo del sovrano e “corpo” della collettività: la medicina e l’alchimia del XIII secolo strumenti reali e metaforici per una legittimazione del potere fondata sulla “natura” di M.G.Vinci.
  21. Checchè ne dica il Todaro che contesta con parole improprie e argomenti false la presenza di Arnau a Napoli, cfr. Centonove, 16 marzo 2012, pag. 38-39. Torneremo sul tema più oltre.
  22. Cfr. Bruni La Cultura e la prosa volgare, in Storia della Sicilia, IV, p. 267, n.83 e Francesco Costa Eleonora d’Angiò (1289-1343). Regina francescana di Sicilia in “I Francescani e la politica: atti del convegno internazionale di studio 2002” a cura di A. Musco – Franciscana 13/1, p. 201
  23. Il 5 aprile del 1285 Arnau de Vilanova aveva già ottenuto dal Re Pietro I la concessione di una parte del castello di Otter, e poco tempo dopo conseguì un assegno di duemila soldi barcellonesi , e fu testimone nelle false donazioni del morente Re Pietro, inventate dai prelati (Carini cit., voi. II, pag. 110, 119 e 206). Nel 1285, 29 maggio, dal Colle de Panissars Pietro I decreta che curerà la protezione dei beni di Raimondo Alamanni e di Arnaldo di Villanova, e di rimunerarli nel cap. LXXVIII del testo Documenti per servire alla storia di Sicilia pubblicati a cura della società siciliana per la storia patria serie i. — volume xxiii Giuseppe la Mantia Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia (1282-1355)
  24. Il campanile della Chiesa di Santa Caterina riporta l’iscrizione del 1344. Per le fattezze e stile architettonico è certamente da fare risalire la costruzione però al 1310 anno di costruzione della gemella chiesa di Spirito Santo.
  25. La Camera Reginale venne istituita da Federico III il 28 agosto 1305 quale appannaggio e patrimonio dotale dono del re ad Eleonora per la nascita del futuro re Pietro II. Inizialmente la Camera era dotata del solo Castello e terra di Avola, poi si espanse (1314) con Siracusa, Lentini, Mineo, Vizzini, Paternò, Castiglione, Francavilla e con i casali della Val di Stefano di Briga.
  26. Vedi Kiesewetter, Eleonora d’Angiò, in DBI XLII, p.396b-7a e Francesco Costa Eleonora d’Angiò (1289-1343). Regina francescana di Sicilia in “I Francescani e la politica: atti del convegno internazionale di studio 2002” a cura di A. Musco – Franciscana 13/1, p. 205
  27. Sui templari Arnaudice nel Expositio super Apocalypsi, «ECCLESIA LAODICIE respicit primo et principaliter septimum et ultimum tempus Ecclesiae militantis, quod post mortem Antichristi curret usque ad finem mundi. Secundario respicit statum regularem Christo militantem, ram corporaliter quam spiritualiter, ut est status Hospitalariorum et Templariorum et Uclesii et Calatravae et similium…» . Il testo ricorda quello di Raimondo Lullo che dedica il Liber de fine, 270-271, linee 653-659, agli ordini militari, sui quali certamente contava, in forma inequivoca, per i suoi progetti di conversione degli infedeli e per il recupero della Terra Santa. In una lettera a Giacomo II Arnauconsidera i cavalieri templari come uno dei segni positivi del settimo tempo della Chiesa che seguirà la morte dell’Anticristo (Ad Jacobum Il de Templariis). Cfr. J. Perarnau, ‘Problemes i criteris d’autenticitat d’obres espirituals atribuïdes a Arnau de Vilanova’, in ATIEAV, i. 29–31
  28. Vedi Renè Guenon, op.cit. “Simboli della scienza sacra”, par. 72, e ancora P.Negri, op. cit. “Il linguaggio segreto dei Fedeli d’Amore”, UR 1928, pag. 76
  29. P.Negri Il linguaggio segreto dei Fedeli d’Amore, UR 1928, pag. 76
  30. “Uno dei simboli comuni al cristianesimo e alla massoneria è il triangolo nel quale è inscritto il Tetragramma ebraico [Nella massoneria, questo triangolo è spesso designato con il nome di delta, perché la lettera greca così chiamata ha effettivamente una forma triangolare; ma non pensiamo che si debba vedere in questo accostamento una qualsivoglia indicazione circa le origini del simbolismo in questione; è evidente d’altronde che il significato di quest’ultimo è essenzialmente ternario, mentre il delta greco, malgrado la sua forma, corrisponde a 4 nell’ordine alfabetico e per valore numerico], o qualche volta semplicemente uno “iod”, prima lettera del Tetragramma, che in questo caso può esserne considerato un’abbreviazione [In ebraico, il tetragramma è talvolta rappresentato in forma abbreviata anche da tre “iod”, che hanno una palese relazione con il triangolo stesso; quando sono disposti a triangolo, essi corrispondono chiaramente ai tre punti del “compagnonnage” e della massoneria], e che d’altronde, in virtù del suo significato principiale [Lo “iod” è considerato l’elemento primo a partire dal quale sono formate tutte le lettere del- l’alfabeto ebraico], è esso stesso un nome divino, anzi il primo di tutti secondo certe tradizioni [Si veda in proposito «La Grande Triade», cap. XXV]. Talvolta lo “iod” stesso è sostituito da un occhio, che viene generalmente designato come l’«Occhio che vede tutto» (The All-Seeing Eye); la somiglianza di forma fra lo “iod” e l’occhio può effettivamente prestarsi a un’assimilazione, che del resto ha numerosi significati sui quali, senza pretendere di svilupparli qui interamente, può essere interessante fornire almeno alcune indicazioni.” (Tratto da Renè Guenon, Simboli della scienza sacra, 72, Symboles fondamentaux de la Science sacrée Traduzione di Francesco Zambon seconda edizione: aprile 1978 1962 editions Gallimard – Paris 1975 Adelphi edizioni s.p.a. – Milano)
  31. “Allocutio super significatione nominis “Thetragrammaton, vedi J. Carreras i Artau, ‘La Allocutio super Tetragrammaton de Arnaldo de Vilanova’, Sefarad, 9 (1949), 75–105
  32. Vedi il testo “Francesco d’Assisi” di Jacques Le Goff su una lettura critica del vero Francesco, Laterza 2000
  33. Cfr. J. Perarnau, ‘Problemes i criteris d’autenticitat d’obres espirituals atribuïdes a Arnau de Vilanova’, in ATIEAV, i. 29–31
  34. Si veda l’articolo “Insediamenti e architettura fortificata nella Sicilia di Federico III d’Aragona il Grande – Un quarantennio di formidabile attività costruttiva”, Ferdinando Maurici, in Schede Medievali n. 49, Officina degli Studi Medievali, pag. 237
  35. “La prima menzione di un castrum Montisalbani («Presbiter Thomas cappelanus Ecclesie Sancti Nicolai de castro Montisalbani») in effetti risale ai ruoli delle decime del 1308-1310,70 e dovrebbe potersi escludere che il termine castrum indichi qui non il castello-palazzo ma ancora l’intero centro abitato fortificato di Montalbano, ben documentato già da età normanna”, e ancora “Non mi pare in definitiva che sussistano ragioni valide per togliere a Federico III il merito e l’onore, già attribuitigli da Fazello, di avere costruito il castrum Montisalbani, eventualmente approfittando di possibili preesistenze in loco” in “Insediamenti e architettura fortificata nella Sicilia di Federico III d’Aragona il Grande dell’ottimo Ferdinando Maurici, in Schede Medievali n. 49, Officina degli Studi Medievali, pag. 212
  36. La Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria riporta sul campa le la data del 1344. Dallo stile architettonico si deve però fare risalire la data di costruzione al 1310, anno di costruzione della Chiesa gemella dello Spirito Santo. Nel 1310, come abbiamo visto, è provata la presenza del Re Federico III in Montalbano. Non è un caso, dunque, che accanto al castello in cui, come vedremo dopo, Fazello dice venne sepolto Arnau(oggi è visibile ancora il presunto sarcofago) insista una chiesa dedicata alla santa patrona, proprio, degli alchimisti. Nè un caso che tale chiesa sia stata costruita proprio nel periodo in cui quell’alchimista sarebbe ivi vissuto.
  37. Renè Guenon, op.cit. “Simboli della scienza sacra”, par. 43 sulla pietra angolare
  38. Vedi Pietro Negri Il linguaggio segreto dei Fedeli d’Amore, UR 1928, pag. 70 e ss. Nel saggio si veda inoltre l’importanza data dai Fedeli d’Amore o Cavalieri del Delta templare al numero 9 (9 come multiplo del 3, delta). Non è un caso, secondo noi, che, per come segnalatoci dall’ottimo Piero Tolomeo, nella chiesa caratterizzata da un portale adornato solo da una rosa, sottostanti vi siano 9 scalini e nel campanile la scritta 1310 (1+3= 4, 4+1=5 , 4+5=9) tipico gioco matematico rosacroce. Lo stesso Tolomeo è stato, con felice intuizione basata sui simboli, il primo a proporre una datazione medievale al sito di Argimusco, cfr. La Scoperta dell’Argimusco di Paul Devins, 2011, pag. 15.
  39. Vedi Paul Sedir “Il Mistero dei Rosacroce”, 2010, pag. 29, che cita il testo di Gottfried Arnold “Unpartheysche Kirchen und Ketzerhistorien vom Anfang des neuen Testament bis auf das Jahr Christi”, 1688
  40. Grazie a Ferdinando Maurici sappiamo che vicino all’Argimusco insistono i resti di un castello chiamato per tradizione Castellazzo, sito proprio nel sito omonimo nella località chiamata Polverello, che si trova a poche centinaia di metri dall’Argimusco sul crinale spartiacque della catena dei Peloritani da dove si dominano sia il mare Tirreno e le Isole eolie quanto tutta la zona etnea e sud peloritana. Il castello venne iniziato certamente durante i primi anni di regno di Federico III d’Aragona. Le prime strutture del fortilizio vennero abbandonate non finite probabilmente a causa del clima inclemente e dei forti venti della zona. Federico III sicuramente optò per il completamento dell’esistente mastio svevo realizzato durante il regno Federico II di Svevia all’epoca, forse, della deportazione degli abitanti di Montalbano (1233). Dal castello di Montalbano, meno battuto dai venti, si poteva meglio controllare il movimento del traffico navale e delle navi angioine dal continente. Pochi anni dopo la pace di Caltabellotta, del 1302, riprese infatti una guerra di logoramento tra la flotta angioina e quella siciliana. Sul castello di Montalbano vedi Ferdinando Maurici “Itinerari federiciani in Sicilia”, Kalòs 2009, pag. 52 e ancora Medieval Castles in Sicily, Sicilian Region Regional centre for the inventory, cataloguing and documentation for the cultural and environmetal heritage, 2006, pag. 250/251. Il Tropea, op.cit., ha recentemente approfondito il tema del passaggio dall’Argimusco della Via Francigena e del collegamento con alcuni monasteri viciniori usati come luogo di sosta per i pellegrini.
  41. vedi The Elixir and the Stone: The Tradition of Magic and Alchemy di M.Baigent e R.Leigh 1997, pag. 34 e ss e Le origini esoteriche della massoneria di T.Churton, 2005, pag. 46 e ss. pensano che i sabei siano stati gli ultimi esponenti di circoli legati al neoplatonismo e neopitagorismo nelle zone di Harran ma su di loro non esiste alcun preciso testo di riferimento e ogni ipotesi manca quindi di qualsiasi riscontro oggettivo. Non è chiaro chi fossero (il riferimento al Regno di Saba sembra agli esperti quella che viene definita “facile etimologia”). Di essi comunque parla il Corano (Sura 2, vv. 62 e Sura 5, vv. 69), includendo i Sabei fra la “Gente del Libro” ( Ahl al-Kitāb ): ebrei, cristiano o zoroastriani meritevoli di protezione in caso di affermazione politica dell’islam.
  42. La melotesia zodiacale è la corrispondenza dei segni dello zodiaco con le parti del corpo umano ed è universalmente ammessa nell’astrologia greca, indiana, araba e latina e trae la sua origine nell’antica e diffusa analogia tra il mondo e l’uomo. Lo zodiaco è detto “creatura animata” da Tolomeo e nella Brhajjâtaka di Varâhamihira i dodici segni dello zodiaco rappresentano le membra di Purusa, l’uomo cosmico o anima dell’universo. Questa analogia forma, negli scritti astrologici, una serie che prende inizio dall’Ariete, in quanto capo o culminazione del mondo, fino ai Pesci. All’Ariete è pertanto assegnato il capo, al Toro il collo e così via fino ai Pesci, ove sono posti i piedi. La melotesia zodiacale si fonda quindi sulla corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo, tema molto antico della filosofia greca, riportato in auge dall’ermetismo alessandrino. Vedi Giuseppe Bezza in Arcana Mundi, antologia del pensiero astrologico antico, Milano 1995.
  43. Vedi L’astronomia i l’astrologia en catala a finals de l’Etat Mitjana di Lluìs Cifuentes i Comamala in A. Amengual, G.X. Pons, J. March, Eds, Conferencies de de les Jornades de Commemoraciò i estudi de l’eclipsi total de Sol a la Mallorca de 1905 Mon.Coc.Hist.Nat. Balears, 13, pag. 189, Medicina e Filosofia nella tradizione dell’Occidente, a cura di G. Cosmacini e C. Crisciani, Milano, Episteme Editrice, 1998, Actes de la I Trobada Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, a cura di J. Perarnau, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans, 1995, Actes de la II Trobada Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, a cura di J. Perarnau, Barcelona, Institut d’Estudis Catalans, 2005
  44. Secondo il Picatrix sarebbe stato Ermete ad insegnare a come utilizzare i sigilli corrispondenti alle costellazioni per la cura del corpo umano. E’ probabile che Arnau (Filius Hermetis, per come si definiva) fosse consapevole della derivazione ermetica delle conoscenze di melotesia, come anche del Picatrix, attesa la recente versione latina fatta fare dal re Alfonso X di Castiglia. “Hermes autem Trismegistus dixit in libro de ymaginibus ad calculum ubi posuit ymagines omnes et singulas appropriatas cuilibet membro corporis humani et sub signorum faciebus constructas: recipe aurum purum et fac sigillum, in quo scribas figuram Leonis, Sole existente in Leone in prima facie uel secunda et in angulo orientis uel meridie, et Luna non existente in eius domo, et domino ascendentis non aspiciente Saturnum uel Martem aut recedente ab eo. Et hoc sigillum ligetur in lumbari uel circa renes. Ego feci sigillari trociscos de sanguine hirci secundam doctrinam istam factos, et operabantur miraculose. Hoc idem fit in aliis passionibus membrorum secundum modum et formam et ad equacionem planetarum”, in la Rivelazione segreta di Ermete Trismegisto”, II Vol, a cura di Paolo Scarpi, 2011, pag. 17
  45. Mc Vaugh M.Medical Knowledge at the Time of Frederick II, “Micrologus”, 2, 1994, pp. 3-17, Mc Vaugh M.Introduzione a Arnau de Vilanova, Aphorismi de Gradibus, in Aranu de Vilanova Opera Medica Omnia, II, Grenada-Barcelona, Pubblicazioni e edizioni della Universitat de Barcelona, 1975. Vedi ancora, Ziegler J., Medicine and Religion c. 1300. The Case of Arnau de Vilanova, Oxford, Clarendon Press, 1998 e Medicine and Immortality in Terrestrial Paradise, in ed. by P. Biller and J. Ziegler, York, York Medieval Press, 2001, pp. 201-242
  46. “Imágenes mágicas. La obra astromágica de Alfonso X y su fortuna en la Europa bajomedieval” di García Avilés A. e dello stesso autore Imagen y Ritual: Alfonso X y la creación de imágenes en la Edad Media in Anales de Historia del Arte 11 2010, Volumen Extraordinario 11-29. Si veda ancora dello stesso autore “Two astrological manuscripts of Alfonso X” in journal of the Warburg and Courtauld Institutes volume 59, 1956. Si veda ancora “La pervivencia de la astrologia Islamica en el arte cortesano europeo de los siglos xiii al xvi” di Dominiguez-Rodriguez A. in XXV Congreso Internacional de Historia del Arte, Viena, 1983.
  47. L’astronomia i l’astrologia en catala a finals de l’Etat Mitjana di Lluìs Cifuentes i Comamala in A. Amengual, G.X. Pons, J. March, Eds, Conferencies de de les Jornades de Commemoraciò i estudi de l’eclipsi total de Sol a la Mallorca de 1905 Mon.Coc.Hist.Nat. Balears, 13, pag. 189
  48. Sul rapporto di alcuni regnanti della Corona Aragonese con l’astrologia vedi tra gli altri cfr. A Kingdom of Stargazers: Astrology and Authority in the late Medieval Crown of Aragon di Michael E. Ryan 2011
  49. Llull, R. 2002 Comencamnts de Medicina; Tractat d’Astronomia, ed. a cura de Badia, L. Patronat Ramon Llull (Nova edicio de les Obres de Ramon Llull, 5), Palma
  50. Sulla fortuna della scienza astrologica nel medioevo e in epoca classica vedi:Auguste Bouchè-Leclercq(1899), L’astrologie grecque, París (reimpressió: Scientia Verlag, Aalen 1979), esp. pp. 72-87; Tamsyn Barton (1994), Ancient Astrology, Londres, Routledge; Festugiere (1950), La révélation d’Hermès Trismégiste…, pp. 87-186; Tester (1987), A History of Western Astrology; John D. North (1986), “Celestial influence – the major premiss of astrology”, P. Zambelli (ed.), ‘Astrologi hallucinati’. Stars and the end of the world in Luther’s time, Berlín – Nova York, Walter de Gruyter, pp. 45-100; Maxime Prèaud (1984), Les astrologues à la fin du Moyen Âge, París, J.C. Lattès; Federici Vescovini(1983), “L’astrologia tra la magia, religione e scienza”; Stefano Caroti (1994), “L’astrologia nell’età dei Federico II”, Micrologus, 2, pp. 57-73; A. Pérez Jiménez, Astronomía y astrología de los orígenes al Renacimiento, Madrid, Ediciones clásicas: José Luis Calvo Martìnez (1994), “La astrología como elemento del sincretismo religioso del helenismo tardío”, pp. 143-160; José Martìnez Gazquez (1994), “Astronomía y astrología en Roma”, pp. 59-160, Joan Vernet (1994), “La astrología árabe”, pp. 161-178.
  51. Thorndike, L, 1923-1958 A history of magic and experimental science, 8 vols, Columbia University Press Macmillan, New York London
  52. Weill-Parot N. 2002 “Les images astrologiques au moyen age et a la Renaissance: speculations intellectuelles et pratiques magiques (XVIIe-XVe siecle), Honorè Champion, Paris
  53. Giamblico nel De mysteris Aegyptorum” VIII 6, così spiega, secondo i canoni ermetici, l’influenza delle stelle sull’uomo: “Tu ora dici la maggior parte degli egiziani fa dipendere il nostro io dal movimento degli astri. Come stiano le cose devo spiegartelo con maggiore ampiezza, facendo ricorso alle concezioni ermetiche. Secondo questo scritti l’uomo ha due anime. L’una discende dal Primo Intellegibile e partecipa pure della potenza del demiurgo. L’altra in noi introdotta a partire dalla rivoluzione dei corpi celesti è quella in cui si insinua l’anima che ha la facoltà di vedere dio. Stando così le cose l’anima che dai mondi celesti discende in noi segue le orbite di quei mondi, mentre quella che è discesa dall’intellegibile e che in noi è presente nelle forme proprie dell’intellegibile, sovrasta il ciclo delle nascite ed è in conformità con lei che avviene la liberazione dal destino e l’ascensione agli dei intellegibili: la teurgia, quella che porta all’ingenerato, questa si realizza compiutamente secondo una vita di questo genere” (vedi la Rivelazione segreta di Ermete Trismegisto”, II Vol, a cura di Paolo Scarpi, 2011, pag. 17).
  54. Al-Kindi, De Radiis, eds. M.-T. d’Alverny and F. Hudry, Archives d’histoire doctrinale et litteraire du moyen age 41 (1974), pp. 139-260
  55. “History of magic and experimental science” part 2 di Thorndike L. pag. 646: “The treatise concludes by discussing the virtues of figures, character, images and sacrifices in much the same way as it has treated of the power fo words. “The sages have proved by frequent experiments that figures and characters inscribed by the hand of man on various materials with intention and due solemnity of place and time and other circumstances have the effect of motion upon externale objects” (Al-Kindi De Radiis Stellicis”) . Every such figure emits rays having the peculiar virtue which has been impressed upon it by the stars and signs. There are characters which can be employed to cure disease or to induce it in men or animals. Images constructed in conformity with the constellations emits rays having something of the virtue of the celestial harmony”.
  56. “Imágenes mágicas. La obra astromágica de Alfonso X y su fortuna en la Europa bajomedieval” di García Avilés A., pag. 13.
  57. Nel Picatrix leggiamo del movimento delle stelle fisse “because from these celestial figures and heavenly forms are composed; and how their rays project into the moving planets; and how to know heavenly figures when they intend to make that which they want” whereas the practice of necromancy entailed “the composition of three natures with the virtue of the infusion of the fixed stars; and what the sages call virtue, they do not know of what kind it might be nor how the aforesaid virtue might be attached” Picatrix the latin version of the Ghayat al-Hakim, ed David Pingree London Warburg Institute 1986, 5. Come si nota le stesse osservazioni di Al-Kindi sui raggi delle stelle sono presenti anche nel Picatrix.
  58. La visione avviene attraverso “raggi” che dall’occhio raggiungono “in linea retta” un oggetto illuminato e vengono riflessi indietro. La dicotomia di contatto e distanza è presente nelle opere di ottica di Al-Kindī così come nelle sue opere astrologiche: vedi P. Adamson, Al-Kindi, in P. Adamson & R. Taylor, The Cambridge Companion to Arabic Philosophy, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, p. 33
  59. “Omnis stella aliter et aliter operatur in locis et rebus diversis (…) tota stellarum operatio per radios procedit qui in se ipsis, in omni aspectu vario, variantur (…) omnis autem stella suam habet proprietatem, naturam et conditionem in qua radiorum proiectio cum aliis continetur. (…) Et omne coloratum radios emittit. (…) Manifestum est quod res huius mundi, sive sit substantia sive sit accidens, radios facit suo modo ad instar siderum” (tratto da Al Kindi De radiis, a cura di M.T. D’Alverny, F.Hundry “Archives d’histoire doctrinale et litteraire du Moyen Age”, 1975, 41, pp. 139-260)
  60. Le origini esoteriche della massoneria di T.Churton, 2005, pag. 49 e ss.
  61. Al Kindi De radiis, a cura di M.T. D’Alverny, F.Hundry “Archives d’histoire doctrinale et litteraire du Moyen Age”, 1975, 41, pp. 235-6
  62. Nel Picatrix, libro II, capitolo X parte terza, vi sono istruzioni per scolpire queste e altre immagini, alcune con immagini magiche, su pietre diverse, con informazioni sui loro effetti.
  63. Thebit, De imaginibus (Latin trans. John of Seville) ed. F. Carmody, The Astronomical Works of Thebit b. Qurra (Berkeley/Los Angeles, 1960), pp. 167-197
  64. Arnaldus de Villanova De iudiciis astronomie, Opera, Venezia 1505, f. 344rb.
  65. “…Mais les sceaux astrologiques comme les statuettes de Thebit entrent tous les deux dans la catégorie des images astrologiques’ si leur fabrication est dépourvue d’éléments destinatifs…”, cfr. Nicolas Weill-Parot in Arnaud de Villeneuve et les relations possibles entre le sceau du lion et l’alchimie, pag. 270. Ove mancassero suffumigazioni ed invocazioni di entità astrali statuette e sigilli sarebbero solo immagini astrologiche, dunque. Nel caso della distinzione fatta da Alberto Magno tra i tre Hermes (Tolomeo-Salamone e Thebit) Giralt osserva che l’Ermete Thebit non usava suffumigazioni, invocazioni o esorcismi né caratteri inscritti. L’immagine doveva essere scolpita nel momento più proprizio dal punto di vista astronomico, secondo il modello del De Imaginibus di Thebit ibn Qurra al fine di scacciare animali nocivi o di ottenere fortuna, ricchezza, potere o amore. Gli effetti della statua sabea provenivano dalla virtù celeste delle costellazioni sotto le quali la statua era stata fabbricata. Come si vede l’approccio tipologico alla Hermes Thebit non prevedeva le suffumigazioni o invocazioni tanto paventate dall’ortodossia al fine di evitare il magico. Prova ne sia che Alberto Magno nello Speculum Medicine non mette il De Imaginibus di Thebit tra i libri non negromantici da rigettare (S. Giralt Decus Arnaldi, Etudis entorn dels ecrits de medicina practica, l’ocultisme i la previvenzia del corpus atribuit a Arnau de Vilanova, pag. 405)
  66. Si veda Kahane H., Kahane R., and Pietrangeli A., “Picatrix and the Talismans,” Romance Philology 19 (1966): 574–93; Ritter and Plessner, “Picatrix,” pp. xx–lxxv (Introduction and Summary); Pingree, Picatrix, pp. xv–xvi. Picatrix Latinus, ed. D. Pingree (London: The Warburg Institute, 1986)
  67. Pietro D’Abano “Conciliator differentiarum philosophorum et medicorum”, (164ra-b) citato da Giovanna Ferrari nel suo studio “Il trattato De Humido Radicali di Arnaldo da Villanova”, pag. 47
  68. Sull’applicazione dell’astrologia ai salassi medievali Gil-Sotres al De consideracionibus, AVOMO, IV, pp. 85-91. AVOMO è l’edizione critica dei testi medici di Arnaldo. La publicazione, iniziata nel 1975, contiunua e i suoi editori sono L. García-Ballester, M. R. McVaugh and J. A. Paniagua.
  69. Sui giorni egizi vedi Bouché-Leclercq (1899), L’astrologie grecque, pp. 485-486
  70. Si vedano i testi di Arnau“Astrologia del maestro Arnaldi Villanova pro utilitate medicina sive medicina compilata”, De iudiciis astronomie, De astronomia e Capitula astrologie.
  71. Vernet J.” The scientific world of the crown of Aragon under James I”: “Al-Kindi ideas were compiled and taken on by Arnau de Vilanova” pag. 105; vedi ancora op.cit. in “Arnau de vilanova y el pensamiento islámico di Santonja P., pag. 45
  72. Giralt S. ibidem; Il De sigillis era basato sul Picatrix secondo Henry Kahane, Renee Kahane and Angelina Pietrangeli, ‘Picatrix and the talismans’, Romance Philol. 19, 574–593 (1966)
  73. Nel luglio 1301 Arnaufinì un libro di medicina (Regimen sanitatis, forse il trattato anche conosciuto Contra calculum) dedicato a Bonifacio VIII. Un altro testo di Arnau, di cui il Calvet dubita (cfr. Calvet in op.cit., pag.29) e considera parte del Flos Florum e, dunque, opera dello Pseudo Arnau, è l’Epistola ad Papam Bonifacium VIII. Il testo apparteneva al re angioino di Napoli ( e non “aragonese” come con grave errore dice il Calvet a pag. 29 del suo testo più volte citato) ed è reperibile anche in un’altra versione nota sotto il titolo di Tractatus magistri Raynaldi de Villa Nova (Calvet, op.ct. Pag. 29, nota 3). Il nome Raynaldus, al posto di Arnaldus, è da notare, è stato usato da Roberto d’Angiò in una lettera del 15 aprile 1310, a Bianca regina d’Aragona, sua cugina. Nel manoscritto conservato a Londra, British Library, add. 10764, XV secolo, fol.71-74, 157-163, Arnau cosi inizia:”Incipit Epistola Magistri Arnaldi de Villa Nova in regno Cicilie directa ad Papam Bonefacium, de lapide philosphorum…”
  74. Se fosse confermata la paternità di Arnau, questa allusione dimostra che Arnauconosceva altri sigilli non basati sulle costellazioni zodiacali.
  75. Arnau de Vilanova, Antidotarium, edito da Antonio García Masegosa (cf. Opera, f. 244rb). “Ex mineralibus sumuntur, ut gemme mundate, quas natura mirabilis aut artifex eruditus edotat interdum potenciis efficacibus in sculpendo in eis effigies constellacionibus congruis, ut alibi lacius fertur, velut lapis, quo homo tenens serpentem extinctum manu dextra et caudam ipsius sinistra invenitur insculptus natura vel arte liberat hominem a veneno assumpto”.
  76. Arnau nell’Introductio in librum Joachim de semine scripturarum in Opera Theologica omnia (AVOTHO) III a cura di J.Perarnau, Institut d’Estudis Catalans Barcelona 2004, p. 116,17 dice che l’astrologia è una scienza che permette di conoscere “rota totius temporis seculi huius (…) hic astrologus metitur corporum sfericorum dimensiones, hic octonarium sferarum visibilitus signis enumerat (…) eclipses luminarium previdet et satagit non sine misterio coniecturare futura”
  77. Giralt, S. “Estudi introductori. In: Arnaldi de Villanova Opera Medica Omnia (en endavant AVOMO), VII.1, Barcelona, Universitat–Fundació Noguera, 2005, pp. 35-37
  78. Arnaldus astrologus? La astrología en la medicina de Arnau de Vilanova. Medicina e Historia, 2003, 4a época, n. 2, 1-15
  79. Juan A. Paniagua, El Maestro Arnau de Vilanova mèdico, Valencia, Catedra de Historia de la Medicina, 1969, p. 70
  80. AVOMO, VI.1, pp. 61 i 63 (n. 44 i 45). Giralt, S. The consilia attributed to Arnau de Vilanova. Early Science and Medicine, 2002, 7 (4), 311- 356
  81. “quando flobotomiam facietis, Luna sit in Geminis, quia tunc verenda est flobotomia”
  82. Giralt S. Medicina i astrologia en el corpus arnaldià, dynamis. Acta Hisp. Med. Sci. Hist. Illus. 2006, 26, 15-38.
  83. “…valet autem istud preciosum sigillum [Arietis] contra omnes demones et inimicos capitales et contra maleficia. (…) Valet autem istud sigillum [Libre] sacratissimum contra insidias demonum in terra et in mari (…); et in domo ubi fuerit et sortilegia illi domui non nocebunt”, cfr. Opera, ff. 301-302
  84. Lettera datata il 14 settembre del 1301 publicata da Finke, H. Aus den Tagen Bonifaz VIII, Münster, Aschendorff, 1902, «Quellen», pp. xxvi-xxxvii. De Albalat riferisce che il papa chiese a re Carlo II: «invenisti unquam Catalanum benefacientem et qui bona operaretur?», al che Carlo rispose: «Pater, multi Catalani sunt boni», ma a queste parole il pontefice osservò ironicamente di non aver mai trovato un catalano che facesse cose buone salvo Arnaldo di Villanova che gli aveva inciso due sigilli aurei e preparato «quoddam bracale que deffero, et servat me a dolore lapidis et multis aliis doloribus et facit me vivere», probabilmente, dunque, una fascia di contenzione. Su Arnaue Bonifacio si veda pp. 191-226, a cura di Giralt, nota 5, e la bibliografia ivi citata.
  85. Pietro D’Abano in Conciliator, Venezia, Giunta, 1565, differentia X, f. 17va, Guiu De Chaulhac. Inventarium sive Chirurgia magna [ed. Michael McVaugh e Margaret S. Ogden], Leiden, Brill, 1997, vol. 6, p. 1 (vol.1, p. 380 e vol.2 , p. 319)
  86. Chabas, R. Inventario de los libros, ropas y demás efectos de Arnaldo de Villanueva. Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos, 1903, 9, 11-49, n. 20 e n. 330: “VII emprecios de leon empremudas en aur, e XI en coire, que valon contra dolor de ronhon, majorment aquelas del aur; e d’aquestas emprecions ieu porte alcunas a la fibla del braier e alcunas ves totas”
  87. “Sigillum leonis ab Hermete traditum, si lumbis applicetur, protinus mitigat dolores in calculosis” (Speculum medicine, Opera , Lyon, 1520, f. 7ra). Si veda anche J.A. Paniagua, Notas en torno a los escritos de alquimia atribuidos a Arnau de Vilanova (1959), in IDEM, Studia arnaldiana, saggio XIV, 451-64, 458 (413 del saggio originale). Il De sigillis attribuito ad Arnauè considerato probabilmente apocrifo da Paniagua, Sulla problematica del corpo scientifico arnaldiano, vedi «Actes de la I Trobada internacional d’estudis sobre Arnau de Vilanova», vol.2, Barcelona 1995, 9-22, 21) e N. Weill-Parot, Les images astrologiques au Moyen Age et à la Renaissance, Parigi 2002, cap. 9.
  88. AVOMO, VI.2, p. 236; MS París, Bibliothèque Nationale, Hébreu 1181, f. 264v. “ Celeste sigillum dolores pedum effugat in eternum”, Aphorismi extravagantes , 24, Lion (calcul) “ Cura alieniationis… occulta vero reprimendo rebus obviantibus a proprietate, ut mineralibus aut partibus plantarum aut animalium vel sigillis celestium figurarum suspensis egro”. Opera , De parte operativa , Lyon, 1520, f. 128va
  89. “Presentia sigilli leonis lumbis appositi non permittit sensum percipere lesionem calculi” ( De parte operativa : Opera , Lyon, 1520, f. 127ra).
  90. Nel De duodecim imaginibus Hermetis (testo di incerta attribuzione) si legge: “Leo. Forma eius est posita super renem dextrum et super omnem infirmitatem renum. Fiat forma eius ad formam leonis sine lingua; rectus non tortuosus. Et fiat in die et hora Solis, et fiat a primo gradu usque ad decimum prime faciei. Et sit Mars directus; et Saturnus et Iupiter si fuerint in eodem signo, non potest esse melius. Et si Luna fuerit in Leone, sit in augmento; et si fuerit in aliis signis, non timemus eam, tamen non sit in quarta, quinta, vel sexta. Nec Saturnus sit in domo octava. Et fiat ex auro vel argento, et fiat sculpendo vel imprmendo uno ictu…” I, xii, 44, p. 83-85. “Ymago ad sanandum infirmitates lapidis. Facias ymaginem leonis in lamina auri purissimi tenentis in ipsius manibus lapidem ac si tripudiaret cum eo; ipsamque facies in hora Solis primo gradu secunde faciei Leonis ascendente. Et qui languens hanc tabulam secum detulerit statim liberabitur. Et hoc sepissime probatum est”, I, v, 32, p. 22. (cfr. De duodecim imaginibus Hermetis di Susanna Vela Palomares (1997), Tencar).
  91. Jacquart, D. Calculs et pierres. In: C. Crisciani; A. Paravicini Bagliani, Alchimia e medicina nel Medioevo, Firenze, Sismel-Galluzzo, 2003, pp. 247-263; Weill-Parot, N. Magie solaire et magie Lunaire: le soleil et la lune dans la magie astrale (XIIe-XVe siècle). Micrologus, 2004, 12, 165-184; «Leo respicit cor et os stomachi et pulmonem et epar (…). Libra respicit renes et nates et pelliculas et circa illas partes…». De iudiciis astronomie, Opera, f. 293vb. Weill-Parot, in N. Arnaud de Villeneuve et les relations possibles entre le sceau du Lion et l’alchimie. In: J. Perarnau (ed.), Actes de la II Trobada Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, Barcelona, IEC, 2005, p 280., a proposito del sigillo del Leone con cui Arnaucurò Bonifacio VIII dice che “…le sceau du Lion devait conduire ses successeurs sur la piste de l’alchimie : le matériau travaillé (l’or), l’astre déterminant en dernière analyse (le soleil) et le mal visé (la pierre rénale) offraient un irrésistible écho aux préoccupations des alchimistes : respectivement, la recherche de la transmutation de l’or ou recherche de l’or-elixir, l’assimilation, Sol’or et le parallèle entre pierre rénale et pierre philosophale…”.

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